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Aborto: delibera su cimiteri feti primo passo, grazie a chi si è mobilitato

“È stato un anno e mezzo di denunce, udienze, inchieste giornalistiche nazionali ed internazionali che, come Libera di Abortire, abbiamo promosso per sostenere le centinaia di donne che dopo aver abortito a Roma hanno scoperto il loro nome su una croce cattolica al Cimitero Flaminio di Prima Porta. Ieri un primo passo concreto si è compiuto con l’approvazione da parte della Giunta comunale della delibera di modifica del Regolamento della polizia cimiteriale con l’obiettivo di fermare la pratica illegale della sepoltura dei feti senza il consenso della donna e in violazione della privacy”, così in una nota Giulia Crivellini, avvocata e tesoriera di Radicali Italiani e Vittoria Loffi, responsabile della campagna Libera di Abortire

“A seguito delle evidenze emerse anche negli atti processuali della nostra azione civile presso il Tribunale di Roma portata avanti da Francesca Tolino che, con Radicali italiani ha ritenuto opportuno trasformare la sua esperienza in battaglia processuale e politica, riteniamo doveroso regolare in modo chiaro le prassi che l’Ama deve rispettare nel trattamento del materiale biologico degli aborti. Le modifiche saranno sottoposte, dopo il parere dei Municipi, in Assemblea capitolina.

In quella sede il testo potrà ancora essere migliorato. Allo stesso tempo rimane urgente da parte della Regione Lazio intervenire con un protocollo rivolto alle proprie aziende ed enti che indirizzi ogni procedura sanitaria alla consapevole autodeterminazione delle donne sulle scelte riguardanti il feto, in modo da avvisare le persone che accedono al servizio abortivo della necessità di chiedere il seppellimento, la cremazione e le possibilità alternative.

Una informazione che riscontriamo ancora mancante in diverse realtà della Capitale. Siamo da settimane al lavoro cogliendo ogni disponibilità ed impegno del Comune e della Regione per far estinguere tramite atti formali come questi, le ragioni della nostra azione civile presso il Tribunale”, sottolinea l’avvocato radicale Francesco Mingiardi che ha seguito la causa per Libera di Abortire. 

“Abbiamo posto le armi del diritto al servizio dei diritti, anche e soprattutto di quelli riproduttivi, per ricordare che la nostra libertà di scelta non può ritrovarsi crocifissa e negata in una qualsiasi fase dell’interruzione volontaria di gravidanza. Le nostre conquiste a Roma”, conclude Francesca Tolino, “determinerebbero un precedente chiaro per tante altre amministrazioni italiane rispetto a procedure che ancora oggi diventano occasione per scorrettezze colpose o dolose nei confronti di diritti garantiti dalle leggi”.