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Energie Radicali

Il XXI Congresso contro i regimi nazional populisti, per il diritto internazionale e i diritti umani e civili.

Articolo di Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani, pubblicato su Il Dubbio del 16 novembre 2022

Ci siamo! Radicali italiani va a Congresso, unico partito italiano che riunisce annualmente i propri iscritti – non delegati – per rinnovare gli organi dirigenti: segretario, tesoriere, presidente e comitato nazionale. Un congresso ogni anno è un impegno straordinario, anche se statutariamente ordinario. E ha un grande pregio: vecchie e nuove energie si uniscono per capire quali le priorità e a chi affidare l’onore e l’onere della guida.

Energia, energie, l’accezione umana e quella termodinamica si fondono nell’anno Radicale. Contro i nazional populismi.

L’energia, proveniente dal corpo, dalla militanza, dall’iniziativa, è una politica che vuole arrivare a Kyiv, a segnare la vicinanza Radicale agli ucraini. Ci abbiamo provato. Abbiamo tentato di organizzare il XXI Congresso proprio lì. Non ci siamo riusciti – per molteplici ragioni – ma ci andremo. Una vicinanza, la nostra, non di mera testimonianza ma nel solco delle lotte passate e presenti. L’invasione della Russia è stata al centro dell’iniziativa Radicale: dalla richiesta di incriminazione di Putin dinanzi alla Corte Penale Internazionale a un “25 Aprile anche per l’Ucraina”, dal riconoscimento dell’Holodomor alla campagna multilingue “Non più un uomo, non più un soldo per l’esercito di Putin” fino a “L’inverno sta arrivando”, ovvero le misure per contrastare la guerra energetica di Putin.


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Ecco di nuovo l’energia, questa volta quella del nostro sistema industriale e che arriva nelle case. L’aumento delle bollette, in questo terribile anno, ci mostra quanto siamo sotto attacco. Non abbiamo un Piano energetico nazionale e la Russia ci forniva, fino a poco tempo fa, 29 mld di m3 di gas (circa il 40% del totale). Ma l’attacco di Putin è un’aggressione all’Europa intera. Qui di energia (propulsiva) ce n’è poca. Un Vecchio Continente che quando si trova di fronte a problemi simmetrici (crisi energetica e pandemica) interviene lentamente, quando deve affrontare crisi asimmetriche (immigrazione e debiti sovrani) non lo fa o lo fa male. È il risultato della politica intergovernativa, dello schema dell’unanimità tra Stati membri che lascia spazio a rigurgiti nazional populisti. Per questo non basta più dirsi europeisti ma bisogna essere federalisti.

Come federalisti sono gli Stati Uniti d’America, dove migliaia di donne e uomini – a proposito di energia propulsiva – hanno manifestato per settimane per contrastare la decisione della Corte suprema di abolire la storica sentenza che aveva legalizzato l’aborto. Un attivismo di massa che ha influenzato le elezioni di Midterm. Ci si aspettava una schiacciante vittoria dei Repubblicani – con la conseguente affermazione dei candidati MAGA (Make America Great Again, lo slogan dei trumpiani), come Mehmet Oz, Doug Mastriano e Don Bolduc – e invece i Democratici hanno tenuto. Un sondaggio realizzato da Ap VoteCast ha rivelato che per il 27% degli elettori l’aborto era il tema più importante delle elezioni, mentre per il 31% era l’inflazione e solo per 1’11% il crimine. Questo dimostra quanto la nostra campagna “Libera di abortire” abbia ragion d’essere finanche transazionale.

Un filo che lega l’iniziativa statunitense a quella italiana, come già avvenuto in passato quando i Radicali giocarono un ruolo decisivo per modernizzare la società inondando le strade di quella energia positiva che portò alle riforme sui diritti civili. Oggi quell’energia abbiamo il dovere di ricrearla di fronte alle politiche oscurantiste e discriminatorie del Governo Meloni: dalla limitazione dell’aborto all’intolleranza verso l’immigrazione, passando per il proibizionismo su sesso e droghe, per finire con il negazionismo sui cambiamenti climatici.


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Serve un “laboratorio civile” per contrastare tutto questo, una spinta positiva contro la cupezza di questa destra nazional populista, un luogo dove porsi anche un altro obiettivo: trovare una risposta liberale alla questione meridionale e all’impoverimento della classe media. Per gli ultimi e i penultimi il reddito di cittadinanza non può essere l’unica “soluzione”. Le elezioni del 2018 e del 2022 hanno dimostrato come il fronte progressista e liberale sia lontano da vaste fette della popolazione: così si perderà per i prossimi 30 anni.

Un lasso di tempo che ci porta al 2050, anno limite per la decarbonizzazione della nostra società. Qui le energie umane e fisiche si intrecciano. C’è bisogno delle persone e della scienza per salvare il Pianeta. Ma anche di regole internazionali. E invece c’è un’energia negativa che proviene dalla Cop27 – la conferenza sul clima dell’ONU – che si sta svolgendo a Sharm El Sheik. Un evento globale che quest’anno non vede attivisti prenderne parte a causa delle violazioni dei diritti umani del governo egiziano. Il blogger Alaa Abd al-Fattah è detenuto senza giusto processo per l’opposizione al regime e da aprile è in sciopero della fame per denunciare lo stato delle carceri.

Ma le Cop sono fondamentali, la transizione ecologica non è rinviabile. Bisogna creare un nuovo diritto internazionale che diminuisca le distanze tra Paesi inquinatori, in via di sviluppo e quelli più poveri. Un nuovo sistema di regole vincolanti che ci permetta di rispettare gli accordi di Parigi: per salvare le future generazioni da un disastro ambientale annunciato.

Nel suo piccolo l’Italia ha un Piano (PNRR) finanziato dall’UE: deve installare 70 GW di potenza da rinnovabili entro il 2030 per rispettare gli obblighi europei del -55% di CO2eq prodotta. Finora abbiamo installato solo 1 GW, ne servirebbero 8 l’anno. Troppi veti, troppa burocrazia, troppe soprintendenze a bloccare tutto.


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Come per la realizzazione della centrale eolica al largo della costa tra Rimini e Cattolica. Un progetto per la costruzione di un impianto offshore della potenza complessiva di 330 MW, prodotta da 51 aerogeneratori. La distanza dalla costa è variabile tra 11,2 km e 17,6 km. Con una crisi energetica e climatica che attanaglia il nostro Paese è incomprensibile il blocco del progetto. Per questo abbiamo deciso di tenere il nostro Congresso proprio a Rimini, dal 9 all’11 dicembre.

Quelle elencate non sono delle singole issue. Tutto si tiene. La destra mondiale nazional populista lo ha capito e ne dà una risposta (quasi) unitaria, mentre i liberali e i progressisti non hanno una soluzione condivisa. È questo il punto: contro i regimi nazional populisti, per il diritto internazionale e i diritti umani e civili, bisogna essere Radicali, andare fino alla radice dei problemi, con energia, con forza e vigore.

Ci vediamo a Rimini!