“Depenalizzare le sostanze stupefacenti può indebolire le mafie, aumentando la riduzione del danno ed anche la responsabilità individuale. Serve una depenalizzazione reale che comprenda la produzione interna e controllata da parte dello Stato, una somministrazione controllata, ed una netta e reale differenza tra uso e abuso, tra piccolo spaccio e traffico organizzato”, così Massimiliano Iervolino,segretario di Radicali Italiani.
“In queste settimane alcune grosse operazioni hanno fatto emergere il giro di milioni e criminalità che gira intorno al traffico illecito delle sostanze stupefacenti. I grandi ritrovamenti di cocaina al largo della Sicilia qualche settimana fa e l’odierna operazione ‘Eureka’ hanno avvalorato non solo l’esistenza di uno scambio continuo di sostanze e denaro che vanno nelle casse della mafia ma anche l’evidenza di un aumento della produzione e distribuzione di cocaina e droghe sintetiche, come evidenzia l’ultimo rapporto ‘Global Cocaine Report 2023’ di UNODC.
Le mafie guadagnano 14,8 miliardi di euro all’anno, dall’ultimo dato relativo al 2020 della Relazione al Parlamento sulle Tossicodipendenze. Soldi che finiscono reinvestiti nelle attività criminali e rendono più ricche e potenti le attività illegali. Lo Stato gestisce questo fenomeno solo attraverso la repressione: tante risorse vengono impiegate per reprimere i ragazzi nelle scuole, invece di informarli e formarli sui pericoli e sugli studi scientifici”.
Federica Valcauda, coordinatrice del tavolo antiproibizionista e membro della Direzione nazionale di RI aggiunge: “Il problema delle mafie si intreccia con il contesto sociale fatto anche di corruzione, spesso legata a mancanza di istruzione ed opportunità. I Paesi fragili ne sono maggiormente colpiti, anche in termini di vite umane: pensiamo al Messico e alla Colombia.
In questi territori si stanno cercando nuovi approcci al problema delle sostanze, anche sull’impulso della Commission on Policy Drugs che va nella direzione della depenalizzazione, della cooperazione internazionale e della riduzione del danno.
La commissione è formata da ex presidenti dei paesi maggiormente colpiti dalla guerra alla droga, i primi ad evidenziare la necessità di un cambiamento: l’Unione Europea ne è enormemente coinvolta, venendo da questo continente la più alta richiesta di sostanze stupefacenti. Un diverso approccio serve per ridurre i rischi alla salute, un minor contatto anche dei giovani con la criminalità ed una maggiore informazione per chi comunque deciderà di usare sostanze, nonostante la repressione”, conclude.