Rosa D’Ascenzo, Maria Rus, Delia Zarniscu, Ester Palmieri, Annalisa Rizzo, Nicoletta Zomparelli, Renée Amato, Maria Batiista Ferreira, Sara Buratin. Sono i nomi delle 9 vittime di femminicidio in Italia dall’inizio del 2024, che diventano 19 se si contano anche gli omicidi di Maria Atzeni, Alessandra Mazza e le altre donne uccise da figli e genitori che ritenevano ormai troppo pesante la convivenza con persone che avevano bisogno di cure ed assistenza1. Diciannove donne in due mesi, nove vittime di femminicidi commessi da ex partner che non accettavano la separazione, da conoscenti che erano stati respinti dopo un approccio sessuale, dal ragazzo della propria figlia o sorella che non poteva tollerare che la propria fidanzata mettesse fine alla loro storia.
Queste sono le storie delle vittime di femminicidi avvenuti in Italia dei primi due mesi del 2024, che si sommano alle 42 vittime del 2023, alle 55 del 20222 e via discorrendo. Tutte loro hanno in comune una cosa, essere state uccise in quanto donne per un motivo: la cultura del possesso, che è un fatto prettamente culturale che imperversa nel nostro Paese perché siamo cresciutƏ in una società patriarcale che insegna agli uomini a dominare ed alle donne a stare al proprio posto, a non poter scegliere chi frequentare, cosa indossare e quando separarsi da un uomo con cui non vogliono più condividere nulla. Le donne vengono uccise perché decidono di scegliere e questo potere decisionale è ciò che fa più paura agli uomini, che perdono così il controllo sui nostri corpi e sulla nostra emotività; il potere dell’uomo sulla fidanzata, compagna, moglie, figlia, sorella, è lo strumento con cui si dimostra di essere ‘veri uomini’, di poter gestire il sesso debole, di poterci controllare.
Parliamo di problema culturale poiché la falla nel sistema è da ricercare nell’educazione che viene impartita sin dall’infanzia: ai maschietti viene costantemente insegnato a reprimere le proprie emozioni per non sembrare una femminuccia ed alle bambine a stare composte ed occupare meno spazio possibile. Pensate a questo quando chiedete, stupidamente, “perché non ha denunciato prima?”, perché così ci viene insegnato, perché alla fine quello schiaffo te lo sei meritato, perché è stata colpa tua se si è arrabbiato, non sei stata abbastanza brava, hai osato rispondere male o uscire dal seminato in cui sei relegata. Ed anche perché le denunce spesso trovano un muro di gomma, quando e se vengono accettate dalle forze dell’ordine, che spesso rimandano a casa giustificando l’aggressione e colpevolizzando la stessa vittima. E se lo Stato non crede alle parole di chi denuncia e non si adopera per difenderci, siamo davanti ad uni dei più grandi fallimenti della nostra società. Ogni singolo femminicidio è il fallimento di tuttƏ noi, delle ff.oo, della politica, delle istituzioni, dƏ cittadinƏ.
La stampa è complice del sistema fallace in cui viviamo: ad ogni violenza leggiamo di mostri, orchi, lupi cattivi colpiti da un raptus e tutto ciò contribuisce a deumanizzare l’assassino allontanandolo da noi, dalla sfera umana, ed a giustificare il femminicidio come un atto d’ira; ma non è mai un mostro in preda ad un raptus ad ucciderci, è il vicino di casa, il medico dell’ospedale, il professionista stimato, il bravo ragazzo. Sono persone che conosciamo, frequentiamo ed ammiriamo, a cui hanno insegnato che possono avere tutto, anche con la forza. Ed il meccanismo attuato dalla stampa nel riportare i femminicidi non fa altro che rendere più accettabile agli occhi della società il delitto commesso, attuando la colpevolizzazione secondaria ai danni della vittima, che non ha potuto difendersi in vita e subisce oltraggi da morta.
«Non c’è niente di più ordinario di un uomo violento»3.
Riconoscere di vivere in una società sessista ed attuare una decostruzione femminista su sé stessƏ e su ciò che ci circonda è il primo passo per comprendere il proprio privilegio maschile e scardinare questa cultura dello stupro che ci sta uccidendo. Riconoscere di avere atteggiamenti abusanti, parlare con l’amico geloso della propria ragazza, comprendere che le nostre azioni rappresentano un problema e lavorarci su è ciò che serve per cambiare le cose. È dal basso che partono le rivoluzioni, soprattutto quelle culturali.
1 FemminicidioItalia.info disponibile su: https://femminicidioitalia.info/
2 Ibidem.
3 Valeria Fonte, «Tutti gli uomini pensano come pensa un femminicida», Vanity Fair, 15 novembre 2023.