Gianfranco Spadaccia se ne è andato ieri, domenica 25 settembre, in una giornata tra le più buie dell’Italia dal Dopoguerra.
Con Gianfranco non se ne va solo un pezzo di storia radicale, se ne va un pezzo di storia italiana, spesso sconosciuta o misconosciuta. Una storia che ha voluto raccontare e ha minuziosamente descritto nel suo ultimo libro, «Il Partito Radicale. Sessanta anni di lotte tra memoria e storia» (Sellerio); una storia che dà la misura esatta della cifra Radicale, dell’impegno, della costanza, della passione, dei successi e delle sconfitte.
Siamo quello che siamo perché Spadaccia è stato, con Marco Pannella e gli altri fondatori del Partito Radicale, quello che ha tracciato una linea e indicato una via. Con la nonviolenza, le disobbedienze civili, la resistenza passiva ha dato forma e sostanza al metodo radicale, sui marciapiedi e nel Palazzo. Ha, così, attraversato, dagli anni ‘50 a oggi, tutti i fondamentali passaggi politici italiani, contribuendo, da dirigente e militante radicale, a cambiare il volto di questo Paese.
Tra le sue ultime parole un messaggio per noi Radicali. Auspicava che chi, come noi, intende proseguire la storia politica radicale riesca, di fronte alla crisi delle istituzioni, a uscire dalle proprie piccolezze e a pensare in grande, senza sentirsi schiacciati.
Ci proveremo insieme. E continueremo a combattere, oggi che ce n’è più bisogno che mai, anche per lui!
La camera ardente per Gianfranco Spadaccia sarà allestita a Roma, in Senato, Palazzo Madama, Sala Caduti di Nassirya, domani, martedì 27 settembre, e sarà aperta al pubblico dalle ore 10 alle ore 18 (gli uomini devono indossare giacca e cravatta).