Vai al contenuto

Nucleare, tanto rumore per nulla

Articolo di Massimiliano Iervolino pubblicato su Huffingtonpost il 28 ottobre 2021

In Italia si è nuovamente riacceso il dibattito sull’utilizzo dell’energia nucleare. Su questo argomento come Radicali, fin dal referendum del 1987, abbiamo sempre avuto un approccio pragmatico e mai ideologico. Ed è un bene continuare ad averlo. Ci sarebbero tante cose da scrivere sul tema, ma vediamone solo alcune centrali rispetto al momento storico che attraversiamo.


Scopri la nostra campagna ambientalista #UnaSceltaRadicale


Innanzitutto, bisogna considerare una questione che solo all’apparenza sembra secondaria: l’Italia continua a non avere un deposito per lo smaltimento dei rifiuti nucleari, nonostante i richiami della Commissione europea. Da quando finalmente il 5 gennaio 2021 la Sogin, l’azienda pubblica italiana che ha il compito di smantellare le centrali e di mettere in sicurezza le scorie nucleari, ha pubblicato la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee al deposito dei rifiuti nucleari (Cnapi), sono scoppiate le proteste delle comunità locali appoggiate dalla politica di tutti gli schieramenti, compresi i partiti che chiedono il ritorno al nucleare.

Una persona normale a questo punto chiuderebbe subito il post scrivendo: trovate il sito dove fare il deposito e poi apriamo il dibattito sul nucleare. Tuttavia c’è dell’altro. La primissima riflessione riguarda i referendum citati poc’anzi. Gli italiani hanno detto due volte no al nucleare: quanto vale nel dibattito questa scelta? È una domanda che ha che fare con la questione democratica e che non possiamo eludere.

Una seconda questione: la Commissione europea, nelle linee guida per la scrittura del Recovery Fund da parte degli Stati membri, non ha inserito l’energia nucleare come opera finanziabile. In parole povere nel PNRR – anche se non ci fossero stati i referendum del 1987 e del 2011 – non avremmo potuto prevedere la costruzione di nuove centrali. Dunque, se l’Italia decidesse di costruire centrali nucleari, potrebbe farlo ma pagandole di tasca propria. Ogni impianto costerebbe diversi miliardi di euro e non ne servirebbe solo uno. Ci vuole poco a fare i conti. In un Paese dove è difficile persino trovare delle imprese che partecipino alle aste per le rinnovabili o che presentino progetti per un inceneritore, si fa fatica a comprendere chi potrebbe investire miliardi e miliardi di euro su progetti che troverebbero mille difficoltà burocratiche, di consenso e di legislazione.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Qualcosa a livello economico potrebbe cambiare, almeno in parte, soltanto se l’Europa decidesse di inserire all’interno della tassonomia per la finanza sostenibile anche l’energia nucleare. 

Tuttavia, con gli attuali tempi di costruzione e i tantissimi soldi da investire, parlare di impianti di terza generazione è davvero tanto rumore per nulla anche perché, nel mentre, un progetto per l’Italia c’è ed è finanziato: si chiama PNRR. È su questo che dobbiamo concentrarci. Al suo interno la più grande spesa prevista è proprio per la transizione ecologica: circa 70 miliardi di euro. Il Piano, scritto per arrivare al 2030 a centrare l’obiettivo europeo del -55% di CO2eq, è finanziato dall’Europa e prevede l’installazione di 70 GW di energia elettrica da rinnovabili per intervenire anche su idrogeno verde, mobilità elettrica e industrie inquinanti. 

In questo decennio la priorità sarà impegnarsi per l’attuazione del PNRR, pena sia la perdita dei fondi europei che il disallineamento dagli obiettivi climatici comunitari. Raggiunti gli obiettivi, come si spera, poi nel 2030 ci troveremo ad affrontare la seconda parte della sfida: raggiungere al 2050 la neutralità carbonica. Visto che la transizione ecologica va considerata come un processo dinamico e non statico, a dieci anni da oggi vedremo quali soluzioni ci offrirà la scienza.

Questa data coinciderà con quella prospettata da diversi scienziati per la messa a terra del nucleare di quarta generazione. Lo sceglieremo? È troppo presto per dirlo. Mancano ancora dati sufficienti, ma non va scartato a priori. La scienza ci dirà i pro e i contro dei nuovi SMR (Small Modular Reactor), poi starà alla politica scegliere. Intanto, dal 2030 in poi, assisteremo anche all’evoluzione tecnologica degli accumulatori per energia rinnovabile e soprattutto testeremo a che punto sarà l’energia delle energie, la più rinnovabile di tutte, quella del Sole: la fusione nucleare. Intanto, raggiungiamo il primo obiettivo: il -55% di CO2eq, al 2030. Attuiamo il PNRR!