Lettera al Ministro Schillaci – Giornata internazionale aborto sicuro

Oggetto: 28 settembre 2023 – Giornata internazionale dell’aborto sicuro. Relazione sullo stato di attuazione della legge 194/1978. 

Egregio Ministro On. Schillaci, 

Le scriviamo in occasione della importante giornata in arrivo come rappresentanti di partiti, movimenti e associazioni che si occupano da tempo del tema dei diritti riproduttivi e sessuali delle cittadine e dei cittadini nel nostro Paese per porre alla Sua attenzione le criticità, ancora oggi presenti, legate al pieno, corretto ed omogeneo accesso sul nostro territorio ai servizio di interruzione di gravidanza e per chiederLe di intraprendere alcune misure concrete nell’ambito dei poteri conferiti al Suo dicastero. 

Infatti, ad oltre 45 anni dall’entrata in vigore della legge 194 che, come noto, ha decriminalizzato e regolamentato l’accesso all’aborto, non siamo ancora nella condizione di accedere in piena sicurezza ed autonomia all’interruzione volontaria di gravidanza. Le cause sono molteplici, ma vogliamo porre, anzitutto, alla Sua attenzione quella dell’assenza di informazioni chiare e scientificamente corrette o della difficoltà nel reperirle

Al riguardo, uno degli strumenti più rilevanti per garantire la piena conoscenza alle cittadine ai cittadini è rappresentato dalla Relazione annuale sullo stato di attuazione della legge contenente norme per la tutela della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza. In base all’articolo 16 della stessa legge 194, “entro il mese di febbraio” “il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione”. 

Trascorsi più di sei mesi dalla scadenza indicata, non risulta che tale Relazione sia stata ad oggi trasmessa alle Camere né resa pubblica. 

Eppure, il ritardo nella trasmissione di tale atto non è una violazione meramente formale della normativa poiché, impedendo la piena conoscenza sulla situazione del nostro Paese in materia di ivg e salute riproduttiva, pregiudica l’effettività del diritto di migliaia di persone a veder rispettate le proprie volontà nelle scelte di autodeterminazione nonché la possibilità delle realtà civiche e politiche impegnate sul campo di offrire soluzioni migliorative del contesto e al Suo dicastero di far fronte agli obblighi di controllo e intervento.  

Nell’auspicio che la Relazione sia in fase di elaborazione e alla luce dell’analisi delle passate relazioni, vogliamo inoltre sottoporLe alcuni punti che riteniamo cruciali per il miglioramento della qualità e della quantità delle informazioni trasmesse. 

Come rilevato dall’inchiesta “Mai Dati”, portata avanti dalle dottoresse Lalli e Montegiove per l’Associazione Luca Coscioni, nelle scorse Relazioni di attuazione del Ministero della Salute sono stati indicati i dati nazionali e regionali in pdf, ossia dati chiusi, aggregati solo per regione e peraltro aggiornati, da ultimo, al 2020. 

Quello che occorre sono invece dati aperti e per ogni struttura ospedaliera. Solo i dati aperti sono utili e hanno davvero un significato, permettendo di scegliere in quale ospedale andare, sapendo ad esempio in anticipo qual è la percentuale di personale obiettore di coscienza nella struttura scelta.

A tale ultimo proposito, proprio attraverso le campagne che rappresentiamo avevamo formulato una proposta concreta e di semplice realizzazione al suo predecessore e che siamo oggi a proporre nuovamente a Lei. Considerato che il primo strumento di informazione per la cittadinanza è rappresentato dal sito internet istituzionale del Ministero che rappresenta e che ad oggi – eccezion fatto per il rinvio alla legge 194 e alla sintetica descrizione dei metodi con cui è possibile interrompere una gravidanza – nessuna ulteriore informazione viene fornita, e considerate le centinaia di richieste di informazioni che ogni mese riceviamo, riteniamo urgente che attraverso il sito istituzionale del Ministero della Salute vengano fornite tutte le informazioni fondamentali sull’aborto, incluse: (i) una mappa delle strutture ospedaliere sul territorio dove si effettuano servizi di Ivg, (ii) un vademecum chiaro, esaustivo ed esplicativo dei diritti delle persone che vogliono accedere al servizio e (iii) una diversa immagine della pagina informativa istituazionale rispetto a quella attuale – raffigurante una donna visibilmente triste e scorata – che non stigmatizzi quindi le scelte. 

Tale servizio potrebbe essere realizzato partendo dalle informazioni che per legge le Regioni sono tenute a trasmettere ogni anno al Suo Ministero e sulla base di questionari che, in base a quanto sopra appena rilevato, potrebbero e dovrebbero essere da Lei aggiornati (“Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il mese di gennaio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal Ministro. Analoga relazione presenta il Ministro di grazia e giustizia per quanto riguarda le questioni di specifica competenza del suo Dicastero”, articolo 16 Legge 194/1978). 

In base alla classifica dell’Atlante delle politiche europee sull’aborto, che valuta 53 nazioni (e che oltre all’Europa include una serie di Paesi vicini al vecchio Continente, tra cui Russia, Turchia, Islanda e Ucraina) e al connesso rapporto, diffuso dal Forum del Parlamento europeo per i diritti sessuali e riproduttivi (“Epf”), emerge un mosaico legislativo e amministrativo diversificato nel nostro Paese sulle pratiche di assistenza all’aborto: l’Italia è tra i 19 paesi che hanno posizioni considerate più progressiste sul tema ma dove per accedervi occorre rispettare requisiti “non necessari” dal punto di vista medico (come i periodi di attesa obbligatori) e si attesta tra i 18 Paesi che non forniscono informazioni chiare e accurate sulla cura dell’aborto, con un punteggio di 4 punti su 10 sull’informazione (online e non) in merito ai servizi. 

Quella dell’informazione rappresenta, pertanto, una grave e urgente lacuna da colmare, che si ripercuote direttamente sul diritto alla salute. 

Consideri inoltre che quello della carente e non corretta informazione è solo uno dei problemi che riscontrano oggi migliaia di donne e persone gestanti nel nostro Paese. A questo si aggiungono il numero altissimo di obiettori di coscienza tra il personale medico e non medico e le disparità regionali nella garanzia del servizio. 

Come saprà, solo per fare un esempio, a Matera l’unico medico non obiettore di coscienza in ASL è andato in pensione a fine 2020, costringendo chi vuole interrompere una gravidanza a spostarsi fino a Potenza. In Regioni come il Veneto, la Lombardia e la Valle d’Aosta una percentuale elevata di persone è costretta ad attendere più di tre settimane per poter procedere con una ivg, tempo che secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità appare incompatibile con la salute psicofisica della persona. In base agli ultimi dati completi disponibili, relativi all’anno 2020, in Molise il 90% del personale non medico è obiettore di coscienza. In Sicilia i ginecologi obiettori superano l’81%. A Bolzano si arriva all’ 84% mentre in Abruzzo, Puglia, Basilicata si tocca o supera l’80%. 

Come documentato attraverso specifiche richieste di accesso agli atti e atti di diffida formale, in talune Regioni insistono strutture che esercitano il 100% di obiezione di coscienza, in aperta violazione dell’articolo 9 della legge 194 ed in assenza di un intervento da parte delle stesse, sempre richiesto per legge (“Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”)

E ancora, sempre in base all’ultima rilevazione di questo Ministero della Salute effettuata con i referenti regionali del sistema di sorveglianza ISS (e avvenuta nel 2021), è emerso che solo Toscana e Lazio avevano iniziato l’utilizzo di Mifepristone e prostaglandine (c.d. aborto farmacologico) in strutture extra-ospedaliere. Lombardia, Valle d’Aosta, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e Calabria, non prevedevano la somministrazione di RU486 in strutture extra-ospedaliere nel 2021 (ultima Relazione al Parlamento Ministro della Salute, pag. 15).

Quanto descritto fa emergere una situazione territoriale profondamente ed ingiustamente disomogenea per quanto attiene all’accesso al servizio di ivg.  

Alla luce di tutto quanto sopra rilevato, Le chiediamo pertanto: 

  • di rendere al più presto nota e fruibile la Relazione sullo stato di attuazione della legge 194
  • di utilizzare i poteri di controllo e di intervento a Lei spettanti sulle Regioni in caso di non corretta erogazione del servizio e 
  • di voler prendere in considerazione le soluzioni da noi elaborate per migliorare l’applicazione della legge 194 nel Paese, a partire da una ristrutturazione del sito istituzionale in materia. 

Abbiamo approfondito ciascuna di queste misure, ma con questa lettera Le chiediamo un confronto e un riscontro concreto alle richieste nostre e di migliaia di cittadine e cittadini che le hanno sottoscritte. 

Ci auguriamo che i temi e le richieste da noi sollevati abbiano nella Sua agenda la priorità e l’urgenza che meritano. 

In attesa di un cortese riscontro, con i migliori auguri di buon lavoro. 

Giulia Crivellini
(Avvocata e Tesoriera di Radicali Italiani)

Vittoria Costanza Loffi
(Coordinatrice della campagna “Libera di Abortire”) 

Filomena Fittipaldi 
(Possibile)

Marta Bonafoni, On. Cecilia D’Elia, Marina Sereni
(Partito Democratico)

Anna Piu
(Sinistra Italiana)

Federica Di Martino
(“IVG ho abortito e sto benissimo”)