Dicono gli studiosi del linguaggio che le parolacce siano le più antiche, forse le prime, parole nella storia dell’uomo, certo è che a Rimini l’associazione che da decenni è impegnata in lotte ecologiche contro l’inquinamento dell’Adriatico, scelse e si diede un nome per affrontare l’argomento di petto: “Basta Merda In Mare”.
Lo scopo era quello di convincere e di sensibilizzare l’opinione pubblica di un problema esistente in un territorio che è nato e si è sviluppato con uno sfruttamento quasi violento dell’ambiente. Si è costruito in maniera irrazionale e spesso insensata, si è pure accumulato un numero di turisti superiore alla possibilità di ricezione dei servizi e delle infrastrutture esistenti, al punto che assieme alla natura bisognava urlare appunto basta!
Oggi Rimini, dopo secoli di immobilismo, ha trasformato e innovato la rete fognaria e messo in funzione nuovi e moderni impianti di depurazione. Ha creato cioè proprio quelle infrastrutture di cui era carente. A questo risultato si è arrivati grazie a sindaco ed amministrazione attuali che da subito si sono attivati in questa direzione. Ma il contributo decisivo è stato del lavoro fatto in sordina da un piccolo gruppo di persone che credeva in questo recupero dell’ambiente. Gruppo che spesso era mal considerato, discriminato e persino bollato come estremista, il gruppo dell’associazione libera BMIM. Ma partiamo dall’inizio.
Tutto nasce da una corsa in spiaggia del veterinario Sergio Giordano. Sotto la pioggia si aprono improvvisamente le paratie di uno sfioratore, il suo cane Argo viene quasi travolto dai liquami di scarico e Sergio si rende conto del grave pericolo ambientale e sanitario. Era il 1985, e da quel momento si mise in azione con ricerche personali, richieste e segnalazioni alle istituzioni preposte sul problema.
Fu tuttavia la magistratura a segnare il primo passaggio cardine, dopo un esposto di Sergio alla Procura della Repubblica – prendendo ispirazione dal libro/manuale giuridico di G.Amendola “In nome del popolo inquinato” – negli anni ’90 sull’operato dell’allora sindaco Giuseppe Chicchi, responsabile della corretta informazione. L’amministrazione comunale dovette adeguarsi rassegnandosi ad esporre, nonostante la lobby contraria di gran parte degli operatori balneari, cartelli di divieto temporaneo di balneazione.
A quel punto, nel 2000, i Radicali Riminesi, avvezzi alle battaglie, diedero vita al primo comitato BMIM, con una passione tale che Marco Pannella stesso volle essere uno dei primi iscritti. Quel genere di embrione, con la libertà di vedute anticonformiste che la contraddistingueva, condusse alla scelta di quel nome, non certo politicamente corretto ma un pugno allo stomaco della città. Non tutti erano pienamente convinti del nome-intestazione ma tutti erano sicuri di essere nel giusto. C’era forse la preoccupazione di non essere presi sul serio ma non il timore degli attacchi e delle critiche da parte degli amministratori dell’epoca. Che ci si aspettava e che puntualmente e massicci arrivarono.
Il secondo punto di svolta fu il cambiamento della normativa europea relativa allo scarico dei reflui in mare. Non bastava più mettere il semplice divieto di balneazione, ma bisognava pure indicarne il motivo e spiegare le strategie che venivano messe in atto per evitarlo in futuro. L’Italia venne richiamata, nel 2004 e nel 2009, dall’UE al rispetto dell’adeguamento degli scarichi fognari e alla realizzazione di sistemi depurativi. Il rischio di infrazione davanti alla Corte Europea di Giustizia convinse definitivamente i decisori politici locali a seguire le puntuali e dettagliate proposte di BMIM che diventò associazione onlus. Protesta e proposta come da tradizione radicale. Rimini così ora è diventata di esempio nei confronti di molte altre realtà italiane. Ma vogliamo guardare ancora più avanti.
Radicali Italiani deve far diventare l’associazione BMIM-Rimini una sorta di azione BMIM-Italia. Troppe regioni non utilizzano i fondi europei, che ci sono e sono pronti, per pulire le nostre acque. La maggior parte delle regioni sono fuori legge e sanzionate in sede europea. Quello a cui puntare è un cambio epocale di mentalità per cittadinanza, amministratori e politica. Bisogna mettere innanzi il principio che ha guidato la storia e l’azione dei “merdaioli” – il loro modo autodefinirsi – riminesi: le fogne sono l’infrastruttura portante su cui costruire la sostenibilità ambientale, economica e sociale di una città, soprattutto se di mare e non, così per caso, appoggiata sul mare.
Sarà una storia esemplare per ogni località di mare in Italia.