Torna lo spettro del Decreto Speranza del 2020 che voleva includere il cannabidiolo (Cbd) nella lista delle sostanze stupefacenti all’interno della sezione B della legge 309/90 e che era stato sospeso a seguito delle forti critiche arrivate da tutto il mondo del settore. Uno spettro reale questa volta, visto il Decreto-legge emanato il 21 agosto dal Ministero della Sanità Schillaci riprende quel decreto e lo rende efficace, con l’entrata in vigore che avverrà il 22 settembre prossimo.
Il provvedimento avrà certamente un grande impatto su tutte le aziende che si occupano di produzione, trasformazione e commercializzazione di estratti di canapa a base di cbd di origine naturale, perché contrariamente alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità e alle pronunce della Corte di Giustizia europea, la vendita richiederà un rigoroso sistema di registrazione come un farmaco presso il Ministero della Saluta, una procedura assolutamente inadatta per una sostanza senza rischi, ma anzi con benefici comprovati per la salute di migliaia di persone, come il CBD.
Il CBD non ha infatti proprietà stupefacenti come confermato anche molto recentemente dalla Commissione di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questa classificazione quindi non solo è priva di fondamento scientifico, ma può avere gravi ripercussioni per l’Italia sul panorama europeo ed internazionale.
Il tavolo di lavoro sulla cannabis terapeutica doveva essere attivo in questi anni, ma è stato convocato poche volte solo per una questione di forma. Il governo e i Ministeri non possono prendere decisioni così importanti senza consultarsi con chi lavora in questo settore.
Lo dichiarano in una nota Giulia Crivellini-Tesoriera Radicali Italiani-Federica Valcauda-Direzione Nazionale Radicali Italiani.