Lo scorso 24 gennaio la Commissione Europea ha adottato una serie di decisioni nei confronti del nostro Paese inviando, tra le altre cose, una lettera di costituzione in mora riguardante l’incompatibilità di varie disposizioni italiane con le direttive dell’Unione in materia di appalti pubblici e concessioni. Da fonti della Direzione Mercato Interno della Commissione Europea si apprende che le varie disposizioni ritenute lesive della normativa UE rientra l’art. 16, comma 2-bis del Testo Unico in materia di Edilizia. Si tratta di un comma introdotto nel D.P.R. 380 del 2001 con il cosiddetto Decreto Legge SalvaItalia varato e convertito in legge ai tempi del governo presieduto dal professor Mario Monti. È una disposizione che in nome di una presunta e malintesa semplificazione consente agli operatori di realizzare direttamente – e senza l’obbligo di rispettare le disposizioni che devono trovare applicazione per la realizzazione delle opere pubbliche – le cosiddette opere di urbanizzazione primaria (strade, fogne ecc.) utilizzando a questo scopo le somme altrimenti dovute ai Comuni a titolo di oneri concessori. In sostanza una norma che consentiva di realizzare opere pubbliche (destinate una volta realizzate a essere cedute all’Amministrazione ed essere funzionalmente connesse a quelle esistenti) con denaro pubblico senza applicare, però, il Codice dei Contratti, e una norma utilizzabile – e da utilizzare – per consentire artificiosi frazionamenti delle opere pubbliche connesse agli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, utili essenzialmente per eludere il principio della concorrenza.
Per festeggiare c’è da aspettare che si metta il Parlamento in condizione di rimediare abrogando finalmente il comma incriminato. Da radicali e da europeisti, però, non possiamo non salutare con soddisfazione l’iniziativa assunta dalla Commissione Europea, non solo per i benefici che dalla cancellazione dell’art. 16 comma 2-bis del D.P.R. 380/2001 a da un nuovo e ulteriore allineamento alle regole della UE della nostra normativa in materia di appalti pubblici deriveranno. Lo facciamo anche perché è dall’indomani della conversione in legge del decreto SalvaItalia – 27 dicembre 2011 – che è stata portata avanti un’attività radicale fatta di atti di sindacato ispettivo e di proposte emendative depositati dai deputati della delegazione dei radicali eletti nella XVI Legislatura, di denunce alla Commissione Europea, delle iniziative di Marco Cappato all’interno dell’amministrazione comunale di Milano – che attraverso apposite linee guida aveva tentato di disciplinare l’applicazione alla norma in questione rendendone evidente l’inevitabile contrasto con la normativa comunitaria – grazie alle quali il caso specifico di Milano, e con esso i problemi dell’art. 16 comma 2-bis, sono stati portati di nuovo all’attenzione della Commissione Europea con l’apertura di un’apposita indagine EU Pilot (7994/15/GROW) che è stata archiviata visto che l’oggetto dell’indagine è ormai trattata nell’ambito della procedura di infrazione NIF 2018/2273. E tutto questo lo abbiamo, negli anni, raccontato con articoli e approfondimenti, raccolti quasi esclusivamente da Radio Radicale e dal quotidiano Italia Oggi che hanno sopperito a una mancanza di informazione sul tema.
Non abbiamo vinto nulla, ma possiamo rivendicare di aver convinto la Commissione Europea a nutrire dei dubbi su una delle tante norme in vigore nel nostro Paese, e soprattutto offriamo a chi ritiene Bruxelles opaca, lontana e ostaggio di lobbies e portatori di interesse la possibilità di credere che non è sempre e necessariamente così, e che lo strumento della denuncia alla Commissione Europea, attivabile direttamente dal portale web ufficiale, consente a tutti di sperimentarlo.
Appalti Pubblici. La Commissione europea apre procedura di infrazione vs Italia
- Febbraio 19, 2019
- 3:30 pm
- appalti, commissione, europa