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Perché Macron e la Von Der Leyen paventano il rischio di una aggressione russa alla Nato

È di questi giorni la proposta del presidente francese Emanuel Macron, di schierare una forza militare europea in Ucraina, e lo stesso Macron non nasconde le proprie preoccupazioni per un potenziale attacco della Federazione Russa all’Europa.

Immediatamente dopo,alle preoccupazioni di Macron, ha fatto eco la Presidente della Commissione Europea Ursula Von DerLeyenche ha affermato che una guerra con la Russiapotrebbe essere possibile, invitando i paesi dell’UE ad una cooperazione militare come per il Covid.

Precedentemente alle dichiarazioni di questi due leader europei, ve ne sono state altre del governo Norvegese e di quello Britannico su una potenziale minaccia russa all’Europa, mentre proliferano gli accordi militari bilaterali fra le nazioni europee e l’Ucraina, con a tema una futura possibile guerracon la Russia. Li hanno già firmati Norvegia, Gran Bretagna, Francia e Italia.

Cosa spinge i massimi esponenti dell’Europa democratica a valutare come possibile una guerra con la Russia, o meglio un’aggressione russa all’Europa. Si tratta di un pericolo reale? Esaminiamo insieme la situazione per dare una risposta a questa domanda.

Per iniziare non bisogna confondere la guerra tra Russia e Ucraina con un eventuale attacco all’area NATO/UE perché le motivazioni sarebbero radicalmente diverse. La guerra all’Ucraina è una guerra di conquista e controllo territoriale. L’Ucraina è entrata nella sfera d’influenza russa, per sua scelta a metà del XVII secolo (prima apparteneva alla sfera d’influenza polacca) per il tramite un’unione dinastica che aveva come presupposto il mantenimento dell’identità politica e culturale del paese.

In meno di un secolo la Russia ha invece messo in atto una politica di assorbimento e di colonizzazione che di fatto ha portato ad un’annessione. Da lì in poi l’Ucraina, per duecento anni è stata né più né meno di una colonia Russa e gli ucraini erano e sono considerati alla stregua di parente ritardato da tenere asservito e da sfruttare.

Per fare un esempio calzante credo che si possa paragonare la politica Russa in Ucraina con l’occupazione fascista dell’Albania o del Dodecaneso, dove i locali non erano considerati come una popolazione indigena delle colonie ma comunque non avevano gli stessi diritti degli italiani. Di conseguenza l’attacco della Russia all’Ucraina è una appropriazione o riappropriazione di quello che i Russi considerano storicamente il loro spazio vitale, per sfruttarlo e controllarlo. La stessa cosa si potrebbe dire, nell’ottica dei Russi per le repubbliche del Caucaso, dell’Asia centrale o dell’area baltica.

Un attacco alla NATO sarebbe mosso da motivazioni radicalmente diverse e di stampo squisitamente geopolitico. La Russia, fin dalla vittoria di Pietro il Grande nella Grande Guerra del Nord contro la Svezia, da quasi trecento anni ha mire egemoniche sull’Europa. Mire che nonostante i cambi di regime, da i Romanov a Putin, passando attraverso i Soviet e Stalin, non sono mai venute meno. Un tempo queste mire egemoniche potevano pensare di esprimersi attraverso un controllo diretto politico-militare odelle annessioni (vedi ad esempio le spartizioni della Polonia o le annessioni degli stati baltici edella Moldavia) ma ora certamente non più.

Il regime di Putin, benché scimmiotti le tradizioni del passato, non ha l’investitura sacrale del regime zarista, né il substrato ideologico del regime sovietico, ma è semplicemente un’oligarchia di personaggi discussi e discutibili, spesso connessi col malaffare, che semplicemente è in grado di affermare il proprio potere su una popolazione che per la maggioranza non ha un’idea di cosa siano libertà e democrazia, e probabilmente non conoscendole non ne è interessata.

Di conseguenza, allo stato attuale, questa spinta egemonica si può esprimere solo con rapporti politici ed economici squilibrati dove la Russia sia la parte forte, e possa imporre, con la minaccia, la sua volontà agli altri. Il limite posto all’esercizio di tale supremazia sono le organizzazioni internazionali che raggruppano gli stati europei e li pongono in condizioni di equivalenza o anche di supremazia nei confronti della Russia.

La Nato costituisce un ombrello protettivo di carattere militare che, grazie al supporto degli Stati Uniti surclassa la Russia sul piano della potenza militare convenzionale e la pareggia dal punto di vista della deterrenza nucleare, impedendole di esercitare qualsiasi pressione in questo specifico campo. L’Unione Europea crea invece un blocco economico che surclassa la Russia sotto ogni aspetto, relegandola al ruolo di mero fornitore di materie prime, con ruolo economico da paese del terzo mondo, o al massimo pari a quello di qualche emirato del golfo.

Nei riguardi di quest’ultima la posizione di Putin è di fatto coincidente con quella di Trump, che vedrebbe di buon occhio una dissoluzione dell’Unione, nella convinzione che gli Stati Uniti sarebbero agevolati o in posizione di forza, se dovessero gestire le relazioni economiche con i singoli paesi europei su base individuale.

L’esercizio di una egemonia politico-economico-militare della Russia sull’Europa passa quindi obbligatoriamente per la dissoluzione di questi organismi internazionali per ristabilire con i singoli stati delle relazioni sbilanciate one to one. La prima delle due organizzazioni da eliminare è la NATO perché dissolto l’ombrello di protezione militare, una pressione esercitata in questo campo porterebbe inevitabilmente anche alla dissoluzione dell’Unione.

Per dissolvere l’alleanza atlantica, non è però necessaria una sconfitta militare, per altro impossibile, ma basterebbe semplicemente creare una situazione che ne mini la compattezza e faccia venir meno il rapporto di fiducia fra gli stati. Un pericolo riconosciuto dallo stesso Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg, nelle sue più recenti dichiarazioni.

Gli italiani, al pari degli altri europei si sentono estremamente tutelati e protetti sulla base dell’art. 5 del trattato che prevede l’obbligo di intervenire per tutti gli stati a protezione di un membro dell’alleanza che fosse attaccato. Inconsciamente non viene da pensare che questo articolo è valido anche nel senso opposto:se i Russi occupassero 100 km di Lituania, di Polonia o anche di Finlandia,gli altri stati, Italia compresa,dovrebbero dichiarare guerra all’aggressore e mandare il loro esercito a proteggere l’aggredito.

In questo momento purtroppo non è una cosa del tutto scontata: in caso di conflitto con la Russia quasi certamente l’Ungheria si sfilerebbe, la Turchia non è affidabile viste le ambiguità di Erdogan, e anche l’Italia nel suo piccolo potrebbe avere dei problemi, visto le divisioni che già resistono sia nella maggioranza parlamentare, che nella minoranza in relazione agli aiuti militari all’Ucraina. Non sappiamo poi quali altre sorprese ci possiamo aspettare dagli altri stati.

Un altro punto nodale per la tenuta dell’alleanza sarebbe la posizione degli Stati Uniti, dato atto che al momento non è scontato un loro intervento in una guerra in Europa se questa si verificasse. Allo stato non è certo quale amministrazione governerà il paese per i prossimi quattro anni a partire dal 2025, ma in ogni caso entrambe, sia quella Trump che quella Biden, per motivi diversi, potrebbero avere riluttanza ad un coinvolgimento militare diretto.

Se fossero proprio gli americani a sfilarsi, la cosa avrebbe un impatto devastante, dato che la loro mancanza riporterebbe i Russi in vantaggio sul piano della guerra convenzionale e priverebbe quasi del tutto la NATO del proprio deterrente atomico.

Quindi andando a conclusione, i Russi non hanno bisogno di sconfiggere militarmente la NATO e occupare militarmente l’Europa per mandare in pezzi l’alleanza. Devono solo occupare una porzione di territorio NATO e attendere di vedere cosa succede. Non deve essere neanche una porzione rilevante, perché più sarà insignificante l’area occupata, più avrà valore e sarà ripetuta la domanda se “vale la pena di morire per Danzica?”.

Se buona parte dei paesi della NATO o delle opinioni pubbliche di questi decidesse che non ne vale la pena, il gioco sarebbe fatto. Per altro sarebbe un rischio totalmente calcolato perché nessuno si adirerebbe e penserebbe ad una risposta che implicasse l’uso di deterrente nucleare, se il problema fosse qualche centinaio di chilometri di foreste sul baltico.

Nella peggiore delle ipotesi, qualora la reazione della NATO fosse piena ed unanime, i Russi potrebbero poi semplicemente ritirarsi di nuovo oltre confine con tante scuse. Acuirebbe la tensione fra le parti ma il danno non sarebbe irreparabile. Certamente poi nessuno li inseguirebbe o farebbe scoppiare una guerra nucleare per un incidente di confine.