In Italia il sex work non è reato

Intervento di Giulia Crivellini durante il convegno Sex Workers Speak Out di Bologna del 3 giugno 2023

Quante volte ci troviamo a raccontarlo alle persone che pensano sia illegale, a ricordarlo alle istituzioni, a scriverlo negli atti giudiziari, a gridarlo per le strade.

Lo facciamo perché sappiamo che, in realtà, nella realtà, non è così.

Lo facciamo perché tra l’assenza formale di un divieto e il riconoscimento di tutele e diritti, negli aspetti legali come in quelli sociali, culturali ed economici, c’è un abisso che è chiamato nel nostro paese criminalizzazione.

È la criminalizzazione della legge Merlin, mai toccata, mai modificata dal 1958, che porta l’opinione pubblica verso disinformazione e stigma, i tribunali italiani ad avviare processi per condotte di mutuo aiuto, e che finisce da anni per prendere di mira – e colpire – le lavoratrici e i lavoratori del sesso, i clienti, le unità di strada, le vittime di tratta, con più vigore e con maggiore violenza quando si tratta di persone migranti o di persone transessuali.

È la criminalizzazione di una legge che conduce all’impossibilità di pretendere dalla giustizia il pagamento della propria prestazione o di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno perché non tanto l’attività ma proprio la persona diventa “contraria al buon costume”.

È la criminalizzazione delle ordinanze sindacali e dei regolamenti di polizia urbana, quelli cosiddetti “anti-prostituzione”, con i quali in nome della lotta allo sfruttamento si punisce, no diciamolo meglio, si decide di punire – con multe di 500 euro – la persona per – testualmente – ’“adescamento”, ’“oscenità’, ’”abbigliamento indecoroso”, addirittura “saluti allusivi”.

Atti illegittimi, frutto dell’abuso – sempre più frequente in Italia – di poteri locali esercitati da destra e da sinistra, da sindaci “civici” e giunte comunali sulla carta “progressiste”.

Atti di una violenza istituzionale e incostituzionale inaudita, come fortunatamente viene riconosciuto sempre più spesso dai Tribunali amministrativi regionali.

Abbiamo dovuto però chiamarli in causa, i Tribunali. Con paure, anche rispetto alla propria sfera di riservatezza, con fatiche, costi e talvolta non riuscendo a stare dietro a tutti gli atti punitivi che dal comune di Rimini a quello di Tivoli, passando per Cassina de Pecchi, vengono quotidianamente emanati.

Occorre resistere e lottare, ma anche decostruire questo modello.

Perché a oltre 65 anni dall’introduzione della legge Merlin, appaiono impraticabili perché ingiuste tanto la difesa di una legge criminalizzante quanto la restaurazione di un sistema di controllo pubblico e statale della prostituzione, come parte della destra di oggi vorrebbe.

Altrettanto pericolosi appaiono però i venti che arrivano dal Nord, dalla Svezia, dalla Francia, che pensano di poter eliminare l’offerta punendo la domanda, i clienti. Venti per i quali anche qui in Italia sentiamo parte della politica istituzionale esserne molto ingenuamente attratta, come la proposta della senatrice Maiorino testimonia. Secondo uno studio della Commissione Internazionale sui diritti delle persone sex worker in Europa, un fattore cruciale della vittimizzazione è la criminalizzazione del sex work. In particolare, colpire i clienti con sanzioni “si traduce in timonre per la polizia e per l’autorità e limita la capacità di chi esercita di denunciare i crimini, inclusi sfruttamento e tratta”.

Alla luce della nostra, della vostra esperienza, dei modelli internazionali, dei dati e dei contribuiti sul campo, diviene quindi urgente riaprire il dibattito nel nostro paese. Un dibattito ampio, scevro da tabù, che miri anzitutto a rimuovere la cappa di stigma e disinformazione che ancora impedisce che al riconoscimento di libertà sessuali si possano e si debbano accompagnare diritti, / legittimazioni e tutele.

Un dibattito che conduca il nostro paese a superare l’attuale assetto normativo e ad affermare che la de-criminalizzazione è la più forte strategia per garantire i diritti fondamentali – umani e sociali – delle persone sex worker, delle famiglie e della società in generale. E insieme per mettere in atto politiche molto più efficaci contro traffico di essere umani, prostituzione minorile e sfruttamento.

Un modello nuovo, una nuova legge, non regolamentarista ma di de-criminalizzazione, che metta al centro il diritto al lavoro e a condizioni di lavoro sicure, alla riservatezza e alla salute, il diritto di formare associazioni e collettivi, di accedere al sistema della giustizia.
Il diritto di essere libere e liberi da discriminazioni, da abusi, da violenze.

GRAZIE