Diritti. Il dibattito avvelenato sulla Gpa

Articolo di Giulia Crivellini, avvocata e tesoriera di Radicali Italiani, pubblicato su Il Dubbio l’8 aprile 2023

È innegabile. Sui diritti il governo sta volutamente spostando il dibattito politico e parlamentare dalla questione centrale, ovvero l’urgenza di introdurre una legge che riconosca i nati da famiglie omogenitoriali, come peraltro richiesto dalla Corte costituzionale già nel 2021, ad un’altra, che nulla c’entra se non per mera foga ideologica: punire chi fa ricorso alla Gravidanza per altri in paesi dove questa pratica è consentita.

A questa impostazione avvelenata del dibattito non ci stiamo: è un errore davvero inaccettabile, anche e soprattutto perché si gioca sulla pelle dei minori e delle famiglie. Assistiamo allora a dichiarazioni istituzionali agghiaccianti, come quelle del deputato Mollicone che definisce la Gpa “un delitto più grave della pedofilia”.

Ugualmente non sta in piedi la fanta-richiesta di rendere questa pratica “reato universale” quando, nel resto del mondo, già esistono buone leggi che la normano. La giurisdizione universale va infatti lasciata al suo campo naturale: a quei crimini troppo gravi per tollerare la possibilità di sottrarli a punizione in ragione della concorrenza di più giurisdizioni nazionali. Di questi tempi dovremmo ben saperlo. Ché sarebbe davvero un assurdo – come è – che il nostro Paese non potesse – come non può – condannare un criminale di guerra come Putin ma potesse farlo invece con donne e coppie alla ricerca di una famiglia.

Il governo continua a inciampare in quel fare politica che, a prescindere dal colore di appartenenza, rinuncia a guardare la complessità dei fenomeni umani e sociali, ad ascoltare e ad ascoltarli, provando a comprenderne i diversi aspetti per bilanciarli e legiferare al meglio.

In Italia esiste un divieto assoluto e generico di gestazione per altri, contenuto nella Legge 40 del 2004 che però anziché proteggere espone all’abuso. Ogni anno decine e decine di coppie che desiderano formare una propria famiglia si recano all’estero, esponendosi a costi altissimi e alla totale incertezza rispetto ai rischi e alle conseguenze sul piano del diritto e dei diritti.

Ma chi sono queste persone? Da tempo la comunità scientifica ci dice che migliaia di giovani donne in Italia non possono intraprendere o portare a termine una gravidanza per cause legate alla salute. Sono più di seimila le ragazze che, affette da sindrome di Rokitansky, sono nate senza utero e decine di migliaia le donne, spesso di giovane età, a cui l’organo è stato asportato in conseguenza di tumori, endometriosi o altre patologie.

A loro si aggiungono migliaia di donne il cui stato di salute impedisce di iniziare e portare avanti una gravidanza in sicurezza, così come migliaia di coppie dello stesso sesso cui l’attuale legge italiana vieta l’accesso a tecniche di fecondazione assistita.

E ora, per cecità politica, addirittura di poter riconoscere figli già nati. Ed eccola qui, allora, la complessità: Mollicone o chi per lui conosce qualcuna di queste persone? Sarebbe importante che le incontrasse.

Perché l’essere nati fortunati non ci legittima ad imporre un unico credo. Il ruolo della politica non è infatti quello di imporre divieti assoluti rispetto a condotte non nocive, ma contemperare, sempre, gli interessi in gioco: libertà, diritti, limiti. E proprio oggi che viviamo un’epoca in cui il dibattito tende faziosamente a polarizzarsi su ogni singola decisione da prendere, quel voler davvero comprendere – e affrontare – gli interessi in gioco diviene la sfida più difficile da intraprendere, ma anche la più necessaria. Fermatevi ora, finché siete in tempo.