“La conservazione del paesaggio e del territorio non è in conflitto con gli impianti rinnovabili che devono essere installati. Affermando il contrario l’amministratore delegato di ENI distorce la realtà”, così in una nota Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani.
“Abbiamo ascoltato le dichiarazioni di Descalzi intervenuto oggi ad un convegno e per spiegare perché sono poco attendibili andiamo nel dettaglio. Per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 sono necessari almeno 43 GW di nuove installazioni fotovoltaiche.
Tale nuova potenza richiede circa 56 mila ettari di superficie, di questa il 30% potrebbe andare sui tetti; pertanto, la superficie agricola necessaria è di circa 39 mila ettari, equivalenti, in base ai dati ISPRA, a un terzo della superficie agricola che ogni anno viene abbandonata (120 mila ettari); lo 0,9% della superficie agricola persa totale (12,4 milioni di ettari) e lo 0,24% della superficie agricola totale dell’Italia (16,6 milioni di ettari). Ma non è tutto.
Secondo il responsabile strategia di sistema di Terna, Luca Marchisio, ci sono 1,2 milioni di ettari di superficie agricola non utilizzata che se usata tutta per i pannelli sarebbe sufficiente a decarbonizzare l’intera Europa. Per l’Italia basterebbe il 10%.
Il tema, dunque, è solo ed esclusivamente politico ovvero non è una questione di mancanza di spazio ma di volontà e di presa in carico del processo. Inoltre, tra le file e sotto i moduli fotovoltaici è possibile mantenere l’attività agricola. L’agrivoltaico consente infatti agli agricoltori di continuare a coltivare la terra beneficiando del ricavo economico aggiuntivo proveniente dal fotovoltaico.
Quanto alla tutela del territorio che non può essere ‘sfregiato’ basterà ricordare a Descalzi che, a parte il danno paesaggistico e l’inquinamento legato alle tradizionali trivellazioni petrolifere a terra e in mare, settori come il gas di scisto negli Stati uniti, al quale l’Italia si sta rivolgendo per aumentare le sue importazioni di gas naturale liquefatto, o le sabbie bituminose in Canada, hanno provocato in quei Paesi deturpazioni a cielo aperto e danni sia ambientali che climatici neanche lontanamente paragonabili con quelli associati alle rinnovabili.
Questo solo per controbattere ad alcune delle affermazioni dell’Amministratore delegato di ENI che in generale sono fattualmente inaccurate o tecnicamente giuste ma fuorvianti poiché considerate in modo avulso dal contesto più ampio della realtà energetica, che ne risulta quindi distorta”, conclude.