Giulio Manfredi
CONTRIBUTO PER “COMMISSIONE COVID”
DEL XX CONGRESSO DI RADICALI ITALIANI
Sulla Gazzetta Ufficiale del 7/01/2022 è stato pubblicato il Decreto-Legge 7 gennaio 2022, n. 1 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza Covid-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore).
Il D. L. succitato contiene, tra gli altri, l’art. 4-quinquies (Estensione dell’impiego dei certificati vaccinali e di guarigione sui luoghi di lavoro), che rende obbligatoria (dal 15 febbraio al 15 giugno 2022) l’esibizione del Green Pass rafforzato per l’ “accesso ai luoghi di lavoro nell’ambito del territorio nazionale” (comma 1) da parte dei lavoratori ultracinquantenni. I lavoratori sprovvisti di Green Pass rafforzato, “al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro” (comma 4) sono considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, ma con la decurtazione della retribuzione per tutti i giorni di assenza ingiustificata.
Nell’intero articolo 4-quinquies non compaiono una sola volta i termini “smart working” e/o “lavoro a a domicilio”. Si evince dalla lettura complessiva dell’articolo che la finalità della norma è impedire l’accesso ai luoghi di lavoro di persone non vaccinate per ridurre il rischio di contagio da SARS-CoV-2 (si richiama qui il comma 7: “Per il periodo in cui la vaccinazione è omessa o differita, il datore di lavoro adibisce i soggetti di cui all’articolo 4-quater, comma 2, a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2” (il grassetto è mio, NdR).
Eppure, l’interpretazione da parte del governo centrale e la conseguente applicazione della norma suddetta sia da parte sia del governo centrale sia da parte delle amministrazioni locali (una per tutte, la Regione Piemonte), ha ricompreso nella norma in discussione anche i lavoratori ultracinquantenni in “smart working” e “lavoro domiciliare”. Eppure, tali lavoratori, rimanendo a svolgere la loro mansione presso il loro domicilio, non “accedono ai luoghi di lavoro nell’ambito del territorio nazionale” e, quindi, non contribuiscono in alcun modo all’aumento del rischio sanitario.
Tale prassi contrasta con l’intenzione del legislatore (vedi anche nelle premesse del D. L. il seguente passaggio: “Visto l’articolo 16 della Costituzione, che consente limitazioni della libertà di circolazione per ragioni sanitarie”) e si configura come un’ingiustificata misura repressiva nei confronti di persone già comunque colpite dalle “sanzioni pecuniarie” di cui al successivo art. 4-sexies del decreto legge in oggetto, conseguenti all’obbligo vaccinale istituito dall’art. 4-quater.
Inoltre, la sospensione dall’attività lavorativa di persone che potrebbero svolgere le loro funzioni in “smart working” o “lavoro a domicilio” arreca un danno non marginale all’attività sia delle imprese private sia della pubblica amministrazione.
La mia richiesta a Radicali Italiani, e in particolare ai parlamentari che rappresentano (anche) Radicali Italiani, è di operare in Parlamento, in sede di conversione in legge del decreto legge in oggetto, per consentire ai lavoratori interessati dalle disposizioni dell’art. 4-quinquies di poter esercitare le loro mansioni in modalità di “smart working” e/o “lavoro domiciliare”, senza decurtazione della retribuzione.
Potrebbe essere proposto un emendamento aggiuntivo del seguente tenore:
“All’art. 1, nell’art. 4-quinquies, è aggiunto il seguente comma 10:
Ai soggetti di cui al comma 1 che utilizzano esclusivamente postazioni di lavoro al loro domicilio (cosiddetto “Smart working” e/o “lavoro a domicilio”) non si applicano le disposizioni del presente articolo.”.
L’Italia sta lentamente uscendo dalla pandemia, grazie a percentuali di vaccinazione fra le più alte al mondo e a un generale rispetto delle regole di prevenzione. Abbiamo lasciato alle spalle i terribili mesi dell’inizio pandemia, in cui sarebbe stata non giustificata ma almeno comprensibila l’adozione di provvedimenti draconiani. E’ oggi possibile e auspicabile emanare provvedimenti giusti, che non contengano norme vessatorie di una parte di cittadini assolutamente minoritaria ma non per questo non degna di tutela costituzionale.