di Jacopo Vasini
L’Adriatico è sempre più un mare di plastica!
Per noi fare politica non è solamente fare riunioni, banchetti, petizioni o presentarci alle elezioni, ma è anche vivere la nostra città, il nostro territorio e questo ci porta a vivere nella sua selvaggia bellezza il mare d’inverno.
Ogni volta che andiamo a fare una passeggiata al mare ci piange il cuore a dover vedere le distese di rifiuti che il mare riporta a riva, rifiuti che testimoniano l’insostenibilità ambientale della nostra società.
A farla da padrone, tra i rifiuti che troviamo sulle nostre spiagge, ci sono le “calze” per le cozze, secondo il progetto Defishgear, in un’indagine in Adriatico, le reti per mitilicoltura sono al settimo posto della top 20 oggetti rinvenuti sulle spiagge, mentre salgono al terzo posto nella classifica rifiuto più abbondante nei monitoraggi effettuati sul fondale.
Per capire la portata del fenomeno dobbiamo guardare alla stima di (AMA) Associazione Mediterranea Acquacoltori, secondo i suoi dati in Italia, per produrre 1 kg di cozze si utilizzano 1,5 metri lineari di rete, se questa stima la eleviamo alle 80mila tonnellate di cozze vendute ogni anno, abbiamo un consumo annuale di circa 120mila chilometri di filo per retine, pari, per esemplificare, a tre volte la circonferenza della Terra.
A questo allarmante dato bisogna aggiungere che le “calze” sono fatte di polipropilene, un materiale che si stima abbia dei tempi di degradazione superiore ai 200 anni.
Saremmo degli sciocchi se dicessimo basta mitilicoltura perché è un settore economico molto importante lungo le nostre coste e in provincia di Rimini e saremmo altrettanto sciocchi se proponessimo semplicemente delle pulizie del mare o delle spiagge.
Per affrontare questo problema è necessario introdurre un progetto a 360° in grado di coinvolgere: i pescatori, le aziende produttrici delle “calze”, le amministrazioni pubbliche e la società civile, ognuno con il suo compito per eliminare il problema.
Ad oggi abbiamo differenti soluzioni già sperimentate o proposte:
-Riciclo retine utilizzate per le cozze: Enea, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile ha messo appunto per (AMA) un processo per riciclare le retine utilizzate nell’allevamento delle cozze recuperando il polipropilene consentendo ai pescatori di ridurre di un terzo il costo d’acquisto delle nuove retine, stimabile in 4,8 milioni di euro l’anno. Questa soluzione funzionerebbe da incentivo affinché non vi sia la dispersione in mare di questo materiale[1].
-A la Spezia si sta studiando d’introdurre degli incentivi per chi smaltisce correttamente le retine e le riutilizza, inoltre con la creazione di un tavolo di studio trasversale: tra produttori, pubblica amministrazione, università e capitaneria di porto si sta studiando nuovi materiali per poter compostare le “calze” delle cozze[2].
-Modello neo zelandese: allevamento a filo continuo con l’utilizzo di corde vegetali e calze in cotone per ridurre al minimo l’impatto ambientale.
Non abbiamo l’arroganza d’avere la soluzione facile a portata di mano e siamo consci del fatto che la transizione verso un modello di mitilicoltura a impatto ridotto o addirittura a impatto 0 è un passaggio graduale, ma necessario per la sopravvivenza del nostro mare.
Come Radicali Italiani auspichiamo la creazione di un tavolo rotondo tra produttori di mitili, produttori delle “calze”, Ministero per le politiche agricole e tutela dell’ambiente, Capitaneria di Porto, Università, Pubblica Amministrazione e società civile affinché venga intrapreso un cammino di rinnovamento del settore che ponga al centro la salvaguardia ambientale, l’innovazione tecnologica e l’economia circolare.
Solo così riusciremo a liberare i nostri mari da gran parte della plastica che oggi lo imprigiona.
[1] https://www.polimerica.it/articolo.asp?id=21777
[2] https://www.ilsecoloxix.it/la-spezia/2017/07/05/news/i-miticoltori-ambientalisti-e-le-calze-che-fanno-respirare-il-mare-1.30830142