Presentata a Roma la campagna nazionale LIBERA DI ABORTIRE

È stata presentata oggi a Roma nella sede di Radicali Italiani la campagna nazionale “Libera di Abortire” promossa da Radicali Italiani insieme a IVG ho abortito e sto benissimo, Non è un veleno, UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), Giovani Democratici Abruzzo, Giovani Democratici Milano, Si può fare e Take… Action!

Nella tradizione delle battaglie radicali Libera di Abortire si prefigge di tutelare i diritti delle donne che decidono di interrompere la gravidanza e di accompagnarle nel processo fornendo loro tutte le informazioni oggi ancora difficili da reperire dalle istituzioni. “A 40 anni dalla legge 194 la reale possibilità di accedere all’aborto è ancora largamente ostacolata”, ha spiegato in apertura di conferenza stampa Giulia Crivellini, tesoriera di Radicali Italiani. “Ci siamo chieste: siamo davvero libere di decidere per noi stesse quando si tratta di aborto? La risposta è che ci sono dei grandi “ma” per colpa del numero altissimo di obiettori, delle violenze fisiche e psicologiche che si subiscono, dell’assenza di informazioni chiare e scientificamente corrette e delle amministrazioni anti-abortiste”. Da qui la campagna che ha preso il via anche dalla storia personale di Francesca Tolino e delle tante donne che hanno raccontato la loro drammatica esperienza nell’inchiesta de L’Espresso #innomeditutte. “Ho abortito ma è stato un percorso ad ostacoli”, è intervenuta Francesca Tolino, testimonial della campagna.”Non solo. Dopo un anno ho trovato la croce dove era stato seppellito il feto con il mio nome sopra al cimitero Flaminio. Ecco perché nel 2021 è necessaria e importante un’iniziativa come Libera di Abortire”. C’è poi la questione dello stigma. “In Italia non è possibile dire: ho abortito e sto benissimo. Perchè la narrazione è univoca e passa attraverso ogni sorta di colpevolizzazione. I dati nazionali ci dicono che 7 ginecologi su 10 sono obiettori e in molte Regioni va anche peggio. Rivendichiamo allora  il termine libera nell’esercizio dei nostri diritti riproduttivi”, ha puntualizzato Vittoria Costanza Loffi, attivista della campagna, per poi passare a spiegare le sette proposte concrete che saranno indirizzate al ministro della Salute Speranza. Tra queste, una informazione più completa e trasparente da parte delle istituzioni e la creazione di bandi specifici per le assunzioni di medici non obiettori come è stato fatto nella Regione lazio. L’appello si può consultare e sottoscrivere sul sito liberadiabortire.it. A proposito di stigma Federica Di Martino, IVG ho abortito e sto benissimo ha affermato: “Nel nostro Paese non si parla mai di aborto o se ne parla in panel prevalentemente maschili. Non parlano le donne. La società ci giudica e noi giudichiamo noi stesse. Il punto fondamentale è che le donne non devono vergognarsi di abortire e che staranno bene se saranno accompagnate, curate e informate in tutti i momenti del processo”. Anche secondo Adele Orioli, UAAR: “La narrazione è fondamentale: non è scritto da nessuna parte che il diritto all’aborto debba essere pagato con un ticket di sofferenza. Sono le Regioni che vanno contro le linee guide nazionali ed europee restringendo il diritto della donna alla scelta del metodo abortivo. Per questo è necessario che venga diffusa un’informazione rigorosamente scientifica”. Per Chiara Ercolani, Non è un veleno: “Maggiore informazione è fondamentale, questo è il senso anche della nostra contro-campagna nata in risposta ai manifesti della onlus ‘Pro Vita e Famiglia’ che definiva la pillola RU486 come, per l’appunto, un veleno. I diritti passano attraverso la scienza”. Alessandro Capriccioli, consigliere regionale +Europa/Radicali ha ricordato come l’attacco al diritto di interruzione di gravidanza si muova su più fronti: “Sembra una distopia: una serie di forze si organizzano in vari mondi e quella che potremmo chiamare polizia del karma si infila nella testa delle donne e giudica le loro intenzioni, se sono lecite o meno”. Infine Francesco Mingiardi, avvocato e presidente di Radicali Roma, ha spiegato l’azione popolare che è stata intrapresa per denunciare il cimitero dei feti a Roma: “Francesca Tolino cercava una leva per smuovere le coscienze e la politica quando si era trovata davanti alla sua crocifissione – perché così possiamo definirla – simbolo del suo percorso che poi si è rivelato quello di tantissime donne. Non si tratta quindi di una richiesta di risarcimento per Francesca ma per la città dove questo è successo. Il 13 luglio ci sarà la prima udienza e scopriremo se il Comune di Roma si farà portatore di questa battaglia”. 

In chiusura di conferenza Giulia Crivellini ha richiesto che le istituzioni, a partire dal Ministero della Salute, celebrino gli oltre 40 anni di vita della legge 194 non con le parole ma con i fatti: pubblicando, come prescritto dalla legge, la relazione annuale al Parlamento sullo stato dell’IVG in Italia, i cui ultimi dati risalgono al 2018. 

Dopo Pescara e Roma Libera di Abortire sarà presentata nella conferenza stampa di Milano (24 maggio). Per ora la campagna toccherà le dieci città italiane che più subiscono le conseguenze dei disservizi sull’aborto con dei manifesti, anche su camion vela. Chiamiamo a raccolta le attiviste e gli attivisti di tutta Italia: con un crowdfunding è possibile finanziare la campagna e portare i manifesti anche nella propria città.