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COMITATO NAZIONALE DI RADICALI ITALIANI: LE RELAZIONI SCRITTE PRESENTATE

Il Comitato Nazionale si è tenuto a Roma dal 28 al 30 settembre 2007.
La prima relazione presentata al Comitato   su innalzamento ed equiparazione dell’età pensionabile fra uomini e donne, a cura di Valeria Manieri e Virginia Fiume.

La seconda relazione  su reti digitali e diritto d’autore, a cura di Marco Ciurcina.

La terza relazione  sul governo dell’economia, a cura di Daniele Bertolini, Piero Capone, Michele De Lucia e Alessandro Massari.

La quarta relazione sull’azione dei radicali rispetto al bilancio della Camera, a cura di Antonella Casu.

La quinta e ultima relazione  sulla riforma fiscale, a cura di Aldo Ravazzi.

CAMPAGNA PER L’INNALZAMENTO E L’EQUIPARAZIONE DELL’ETÀ PENSIONABILE DI UOMINI E DONNE: “IN PANCHINA VACCI TU!”

Comitato nazionale di Radicali Italiani, Roma, 28, 29, 30 settembre 2007 Campagna per l’innalzamento e l’equiparazione dell’età pensionabile di uomini e donne: “In panchina vacci tu!”  
a cura  di Valeria Manieri e Virginia Fiume  
Appassionate premesse: Sono passati più di trent’anni dalla rivoluzione sessuale. Qualcuno continua a combattere, ma tutto rotola nell’indifferenza. Quella stessa indifferenza che ha accolto la proposta di equiparazione dell’età pensionabile tra uomini e donne avanzata dal Ministro Emma Bonino e da Radicali Italiani.Qualcuno spesso ripete non a torto che per non essere “antipopolari” bisogna rischiare. E bisogna rischiare di usare non parole come “rivoluzione” sessuale, bensì un binomio più attuale e importante come il concetto di “evoluzione sociale”. Rischieremo ancora una volta l’impopolarità per non essere antipopolari, con questa battaglia fondamentale per il nostro Paese, per i diritti civili, per la giustizia sociale e per l’economia e la sostenibilità del nostro sistema.Entriamo più nel merito della questione e cerchiamo di appassionare i più scettici che ritengono questa proposta  particolarmente indigesta.Se è vero che in Italia le donne hanno una disparità salariale in linea con gli altri paesi europei, partendo dall’assunto e da una suddivisione dei ruoli a nostro parere alquanto arbitraria che vede le donne dover guadagnare necessariamente meno degli uomini, è vero anche però che nel nostro paese le donne che lavorano sono ancora troppe poche rispetto alla media dell’Unione.E’ altresì vero che le donne hanno una vita lavorativa assai più complessa per la mancanza di servizi sociali e di un welfare che le aiuti nella conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa: asili nido, part time, ammortizzatori sociali …Ovviamente nel bel mezzo del nostro ragionamento, partiamo sempre dal presupposto che barcamenarsi tra famiglia e lavoro sia una competenza femminile, nonostante si parli  di rivoluzione sessuale, di papà più presenti e via discorrendo.Perciò, cercando di non cadere in trappola dopo poche righe, ci mordiamo la lingua, ma andiamo avanti, tanto per non cedere ad una sorta di vetero femminismo che sembra non andare più di moda.Insomma si dà per scontato che le nuove generazioni di donne debbano lavorare di meno, occuparsi della famiglia e, se avanza, anche della cura dei nonni.Si dà per scontato che noi, benché non tutte metalmeccaniche, dobbiamo usurarci per forza ( forse per via della maternità o della menopausa?) e quindi  noi si debba andare in pensione prima degli uomini in Italia e prima di tutte le altre nostre colleghe europee.Forse in Italia le donne sono fatte di pasta diversa rispetto alle donne europee?Sì dà per scontato che se ammogliate abbiamo la pensione del marito, così da goderci insieme le nostre miserie, nel caso vedove,  abbiamo la pensione di reversibilità del de cuius.Il caso delle single al momento non è pervenuto, quindi in questa ultima circostanza chi è single ed è pure donna, bisogna dire che la miseria se l’è proprio andata a cercare, stando a come vanno le cose.  Dati e informazioni:  Bisogna allora dare qualche nuova informazione alla politica. In Italia, l’occupazione femminile, seppur in aumento, è ancora molto lontana dai livelli degli altri paesi europei e dall’obiettivo indicato dalla Strategia di Lisbona. Bassa è, inoltre, la consapevolezza che la crescita e sviluppo del nostro paese e la compatibilità del sistema del welfare dipendono, in buona misura, dalla capacità che avremo di aumentare la qualità e la quantità dell’occupazione femminile e di ritardare l’uscita dal mondo del lavoro delle donne o di favorirne il reingresso. I maggiori ostacoli all’ingresso, alla permanenza e alla crescita professionale delle donne nel mercato del lavoro sono costituiti dalla prevalenza di una cultura maschilista e da pregiudizi sessisti nel mercato del lavoro, dal modesto contributo degli uomini ai lavori domestici e alla cura dei bambini e degli anziani, dalla scarsa disponibilità di servizi che riducano i problemi di conciliazione fra lavoro e cura della famiglia delle lavoratrici, dalla poca attenzione delle imprese alla necessità di valorizzare e gestire le differenze di genere e dalle scarse risorse dedicate all’interno del welfare alla maternità, ai servizi per i bambini e al sostegno alle madri single.  Del resto anche la Commissione europea ha avviato  una procedura d’infrazione (2005/2114) giunta ormai allo stadio di ricorso in Corte di Giustizia (causa C-46/07) per incompatibilità con il diritto comunitario (in particolare con il principio di parità retributiva fra uomini e donne) della normativa italiana che prevede età pensionabili diverse per uomini e donne, considerato anche che la maggioranza degli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea prevedono un’identica età pensionabile per uomini e donne.  La procedura d’infrazione riguarda il regime previdenziale per i dipendenti pubblici. L’art. 5 d. lgs. N. 503/1992 e l’art. 2, par. 21, 1.n. 335/1995 dell’ordinamento italiano prevedono infatti un’età pensionabile di 60 anni per i dipendenti pubblici di sesso femminile e di 65 anni per i dipendenti pubblici di sesso maschile. Il Collegio dei Commissari ritiene che tale trattamento previsto dalla legge italiana sia in contrasto con l’ordinamento comunitario, in particolare con l’articolo 141 del Trattato CE che, nel primo comma, dispone che ciascuno Stato membro debba assicurare “l’applicazione della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e nel secondo comma precisa che “per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo”. In effetti, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, le pensioni erogate dallo Stato agli ex dipendenti pubblici costituiscono”retribuzione” ai sensi dell’art.141 ogniqualvolta siano corrisposte esclusivamente in virtù di un rapporto di lavoro. Pertanto, tra uomini e donne che svolgano lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, non devono sussistere forme di trattamento meno favorevole anche rispetto alle pensioni di vecchiaia.   La Strategia di Lisbona, elaborata dal Consiglio europeo nel marzo del 2000,  impegna i paesi membri dell’Unione a raggiungere entro un decennio obiettivi che configurino un programma di crescita ambizioso  attraverso riforme economiche, nuove politiche attive per l’inclusione sociale e la modernizzazione dei sistemi previdenziali. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la strategia di Lisbona ha indicato una serie di obiettivi tra cui “accrescere il tasso di occupazione attuale da una media del 61%  a una percentuale che si avvicini il più possibile al 70% entro il 2010” e “aumentare il numero  delle donne occupate dall’attuale media del 51% a una media superiore al 60% entro il 2010”. Esiste anche un modello europeo di welfare che in Italia non sembra ancora essere “contemplato”.L’Agenda sottoscritta dai paesi membri dell’Unione Europea nel 200  se da una parte afferma che il modello di welfare europeo “con i suoi progrediti sistemi di protezione sociale, deve fornire un supporto alla trasformazione dell’economia  della conoscenza”, dall’altra avverte che questi sistemi “devono essere adattati, nel contesto di uno stato sociale attivo per dimostrare che il lavoro “paga”, per garantire la loro sostenibilità dei sistemi pensionistici in contesti temporali diversi sino al 2020 e oltre, se necessario”; La direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006  in materia di pari opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne  e in materia di occupazione e impiego richiama nell’articolo 9 il divieto di discriminazione retributiva, in particolare nel  “stabilire limiti di età differenti per il collocamento a riposo”.   Qualcuno ci chiederà: e quindi? Nel nostro semplice ragionamento si arriva a un punto, che purtroppo ci sembra di non ritorno, nel caso sia un obiettivo mancato: eludere l’opportunità che si porrebbe con l’equiparazione dell’età pensionabile, e, azzardiamo, con un generale innalzamento magari a 65 anni, significa eludere il problema della discriminazione salariale e accettare uno status quo a tutto svantaggio delle donne, vuol dire rinunciare una volta per tutte ad un welfare di tutti e sovraccaricare di responsabilità le nuove generazioni che, in base anche agli andamenti demografici nel nostro paese e la scarsa forza lavoro, non potranno consentire al sistema di andare avanti a lungo, pagando i contributi per pensioni degli altri mentre la propria non la vedranno mai.    Ecco quello che si può fare: Queste priorità possono essere soddisfatte, tenendo presente l’andamento demografico italiano ed europeo e il progressivo invecchiamento della popolazione, ritardando l’uscita dal lavoro per garantire la sostenibilità finanziaria del welfare, per assicurare prestazioni pensionistiche capaci di garantire livelli vita soddisfacenti e promuovendo una riforma universale del sistema degli ammortizzatori sociali essenziale per rendere più flessibile il mercato del lavoro.Per superare questi ostacoli occorre promuovere un complesso coordinato d’interventi da parte delle imprese, delle istituzioni centrali e locali, delle parti sociali e delle lavoratrici e dei lavoratori nonché intervenire sui fattori culturali che determinano in maniera significativa gli handicap sociali di cui è portatrice la donna che vuole entrare nel mondo del lavoro;   Speranzose conclusioni(per iniziare una campagna insieme, un cammino difficile e importante) Ci accontentiamo di una sorta di constatazione amichevole tra automobilisti, di un “risarcimento danni” del tutto iniquo che, in cambio di un welfare che non funziona, ci consente oggi di andare in pensione prima e secondo concetti un po’ sessisti, oppure desideriamo che le cose cambino davvero?Mantenere lo status quo significa  ratificare che le donne debbano andare in pensione con una miseria e doversi godere quella miseria in solitudine o tirare avanti necessariamente in compagnia. Non innalzare ed equiparare l’età pensionabile significa costringere le nuove generazioni a doversi barcamenare tra impegni lavorativi e famiglia alla meno peggio conducendo una esistenza necessariamente difficile e dai ritmi sfiancanti in mancanza di un welfare che ci aiuti nei momenti di difficoltà e di servizi sociali, come asili nido, assistenza per gli anziani, che ci mettano nelle condizioni di vivere serenamente. Con una omissione di soccorso si legittima una visione ancora una volta antica e un poco maschilista. Non si prende in considerazione la donna come portatrice sana di forza lavoro, passione, talento, resistenza e come soggetto autonomo nella gestione della propria felicità.Lo stesso vale per la questione innalzamento nel suo complesso e per gli anziani e dei giovani, portatori sani di creatività e forza lavoro da includere. Mantenere queste “regole” del gioco significa danneggiare uomini, donne e giovani. Basti pensare che in Italia, contrariamente a quanto avviene nel resto d’Europa, soltanto il  28 % dei cittadini ha una qualche forma di sussidio o “ammortizzatore sociale” e sono tutelati,  mentre la maggioranza, il restante 70 % dei cittadini, uomini e donne, è completamente tagliati fuori da ogni tipo di trattativa e dal welfare italiano.Vincolando i fondi ricavati dall’equiparazione  e dell’innalzamento dell’ età pensionabile di uomini e donne, che significa che lo stato potrà contare su più forza lavoro e dovrà stanziare pensioni per un minor numero di anni,  si possono liberare risorse per un ammodernamento dello stato sociale italiano, necessario per le esigenze di donne, uomini, giovani e anziani.  Non pensiamo di essere così impopolari a chiedere il diritto alla libertà economica, civile e una evoluzione sociale dei cittadini italiani che consenta loro di ricercare come ritengono la propria felicità. Le nostre parole d’ordine saranno: innalzare, equiparare, includere.Non c’è squadra e non c’è Stato che possa “giocar” bene la propria partita, essere competitivo e dirsi “civile”, se tiene le proprie migliori risorse in panchina.Il nostro slogan, che racchiude un po’ tutti questi concetti sarà: In panchina vacci tu! Qualche mezzo a disposizione lo abbiamo  anche noi per giocare bene la nostra partita: una mozione parlamentare da sottoscrivere, un manifesto appello rivolto ai cittadini, una trasmissione su Radio Radicale che servirà da termometro per recepire dubbi, spunti e opinioni dei politici, della gente comune e di personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo.Il lancio ufficiale sarà  il prossimo 22 ottobre 2007, con una conferenza  speriamo dall’ampia partecipazione.Importante sarebbe il supporto delle associazioni in tutta Italia per dar corpo, forza e vivacità a questa iniziativa che coinvolge noi tutti e che può essere importante anche per l’azione politica, il rilancio di Radicali Italiani. Niente panchina dunque, solo persone in campo.

LIBERTÀ, RETI DIGITALI E DIRITTO D’AUTORE

Comitato Nazionale di Radicali Italiani; Roma, 28-30 settembre 2007
di Marco Ciurcina

Una società che si fonda sui valori di dignità e di libertà dell’uomo deveassicurare la libera circolazione della cultura, dell’informazione e dellaconoscenza.

Le reti digitaliL’avvento delle reti digitali segna il transito dalla società industriale alla societàdell’informazione e della conoscenza ed implica cambi profondi.Sono passati solo pochi decenni da quando sono stati attivati i primi nodi dellarete Internet ed è già evidente a tutti la radicale trasformazione che le retidigitali implicano per la nostra vita.Email, web, Wikipedia, software libero, sono strumenti fondamentali, figli diInternet, a disposizione di chiunque abbia la fortuna di avere le risorseeconomiche sufficienti per dotarsi d’un computer e di connettività.Una ricchezza incredibile a disposizione di tutti che apre spazi di libertà alpensiero ed all’azione dell’Uomo.Grazie al lungimirante progetto dei pionieri della rete Internet, questa è ancoraoggi libera sul piano “tecnico”.Quindi, qualsiasi individuo collegato alla rete ha “tecnicamente” la libertà didistribuire informazione, di accedere alla stessa, modificare l’informazionericevuta e distribuirla di nuovo.Ad oggi, infatti, nonostante da più parti se ne reclami l’urgenza, invocando oraquesta ora quella necessità di “sicurezza”, non esiste nessun impedimentoinsormontabile all’esercizio pieno e libero delle facoltà di ogni essere umanoconnesso in rete di diffondere, ricevere e condividere informazione.Una semplice tecnologia (la rete Internet) che ha fatto da codice genetico allapiù profonda “rivoluzione” nella storia dell’umanità e che ha liberato energieumane in ogni parte del pianeta.E’ proprio grazie alle reti digitali che è stato possibile realizzare il piùimportante progetto collettivo nella storia dell’umanità: il sistema operativoGNU-Linux.Non è un caso che il nuovo movimento per la libertà nelle reti digitali si siaorganizzato innanzitutto tra gli informatici: il movimento del software libero haun obiettivo concreto e lavora per realizzare il sistema operativo GNU-Linux.Ma il potenziale di libertà offerto dalle reti digitali è limitato dal diritto d’autorevigente e si scontra contro il modello di appropriazione esclusiva ed escludenteche si vorrebbe imporre come modalità di funzionamento del diritto d’autorestesso.

Il diritto d’autore vigenteLo Statuto d’Anna del 1710 è il primo atto normativo nel quale si riconosce ilmodello del “diritto d’autore” nel senso moderno del termine.L’idea che si debba riconoscere la paternità dell’opera è ovviamente molto piùantica (non a caso sappiamo chi sono gli autori delle opere dell’antichitàclassica).Ma l’esigenza d’un corpus di regole che attribuiscono all’autore il dirittoesclusivo di sfruttare economicamente l’opera nasce solo dopo che Gutemberginventa la stampa, e, ancor più importante, dopo che, con l’emergere dellanuova classe acculturata, la borghesia, si amplia il bacino d’utenza dellaproduzione libraria.Il diritto d’autore nasce quindi nel XVIII secolo (succedendo al vecchio modellonormativo della “concessione di esclusiva di stampa”) e si sviluppa intornoall’industria editoriale e dello spettacolo, muovendo dall’Inghilterra verso glialtri paesi d’Europa e del mondo.La facilità con la quale le opere creative possono circolare da un paese all’altrorende rapidamente evidente la necessità di normare a livello internazionale lamateria del diritto d’autore e quindi nel 1886 viene adottata la Convenzione diBerna sul diritto d’autore.Nel XX secolo il diritto d’autore, seguendo le innovazioni che hannocaratterizzato il settore (disco, radio, televisione, reti digitali), si modificanumerose volte adeguandosi alle nuove tecnologie e istituzionalizzando lepratiche commerciali delle emergenti industrie (discografica, radiotelevisivaecc.).Il processo di omologazione dei diversi diritti nazionali di diritto d’autoreraggiunge il suo apice nel 1994, quando, nel quadro dell’istituzionedell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), viene adottato l’Accordosugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (dettoanche Accordo TRIPS).Nel 1996, mentre la rete Internet inizia ad entrare nella vita di tutti i giorni dimoltissime persone, vengono adottati il Trattato OMPI sul diritto d’autore (WCT)ed il Trattato OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (WPPT)con lo scopo di adattare il diritto d’autore alla nuova realtà delle reti digitali, dicui si percepiva la portata innovativa ed il potenziale lesivo degli interessi delleindustrie editoriale, discografica, cinematografica, ecc.Fino a quel momento il diritto d’autore aveva vissuto lontano dalla gente, nellepratiche delle industrie di settore e dei loro consulenti, degli uffici pubblicinazionali e delle organizzazioni internazionali competenti.Quel diritto d’autore si è consolidato avendo a mente (accanto a quello diincentivare la produzione creativa e quindi la diffusione dell’informazione edella conoscenza) l’obiettivo di tutelare gli investimenti delle industrie disettore.Da alcuni anni il diritto d’autore ha però smesso di essere una “faccenda daesperti” ed è diventato un tema centrale nel dibattito culturale e politico.E’ ormai evidente a molti che il diritto d’autore che ci consegna l’era industrialeè anacronistico e non realizza più in modo efficiente l’obiettivo di favorire ladiffusione dell’informazione e della conoscenza.La consapevolezza di questo è ormai molto estesa e travalica i confini delmovimento del software libero e della conoscenza libera.Il conflitto tra la “cultura delle libertà digitali” ed il diritto d’autore escludente èemerso la prima volta negli anni ’80, quando, reagendo al nuovo modello delsoftware proprietario (nel 1980, dopo un dibattito durato oltre un decennio,viene emanato negli USA il Computer Software Copyright Act) una parte dellacomunità degli sviluppatori rifiuta di conformarsi al nuovo paradigma delsoftware proprietario.Richard M. Stallman propone il nome “software libero” per identificare quelsoftware che tutti gli utenti hanno la libertà di usare, studiare, modificare edistribuire.L’estensione del copyright al software aveva impedito l’esercizio di questelibertà agli utenti, riservando all’autore ogni diritto di copia, modifica edistribuzione del software. Per superare questo ostacolo e per far si che ilsoftware continui a circolare secondo un regime di libertà si rendeva quindinecessario “fare qualcosa”. Si risolve il problema utilizzando lo strumentogiuridico della licenza di diritto d’autore: il movimento del software libero siorganizza intorno alle licenze di software libero.Abituati alla pratica di libera condivisione del software propria dell’ambientescientifico-accademico, i programmatori si uniscono numerosi al progetto GNUfondato nel 1983 da Stallman, che si proponeva di realizzare un sistemaoperativo completamente libero alternativo al sistema Unix, sottratto alla liberadisponibilità degli utenti. Un’impresa titanica resa possibile grazie allacollaborazione spontanea di moltissimi sviluppatori in tutto il mondo che siriconoscono nella definizione di software libero e nei suoi valori.Dice Stallman: “Il mio lavoro sul software libero è motivato da un obiettivoideale: diffondere la libertà e la cooperazione. Voglio incoraggiare la diffusionedel software libero sostituendolo al software proprietario che proibisce lacooperazione, e quindi rendere la nostra società migliore”.Grazie alle potenzialità della rete Internet, il Progetto GNU cresce rapidamente.Quando nel 1991 Linus Torvalds realizza il kernel Linux il nuovo sistemaoperativo GNU-Linux è completo e dimostra che la libera collaborazione è lamodalità più efficiente per produrre beni pubblici immateriali quale è ilsoftware.In anni più recenti lo stesso fenomeno si è ripetuto con Wikipedia, la più grandeenciclopedia oggi esistente, realizzata grazie all’attività volontaria ecollaborativa d’un grandissimo numero di persone in tutto il pianeta.Oggi il movimento di quanti credono nelle libertà digitali è una realtàcomplessa con obiettivi articolati che è difficile sintetizzare.Ma c’è ancora molta strada da fare. Come dice Eben Moglen, il software liberonon è che l’inizio: una società fondata sui valori di libertà deve avere anchehardware, cultura e reti libere.Quel che è certo è che il movimento del software libero e della conoscenzalibera non è una questione tecnica, ma un movimento in continuità ideale con igrandi movimenti culturali e sociali che hanno rivalutato e posto al centro lapersona umana, la sua dignità ed il suo valore.L’espressione “nuovo rinascimento” è quindi usata in modo più appropriato diquanto non possa sembrare: i valori del movimento del software libero suonanoin modo armonico con quelli dell’Umanesimo e con i valori fondanti delle nostresocietà: quei diritti fondamentali che sono codificati nella Costituzione e nellaDichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948.
Diritto d’autore e libertà
Ma non tutti i problemi si possono risolvere con una soluzione creativa (ohacking) come le licenze di software libero e di altre opere creative (CreativeCommons ecc.).Resta il fatto che il diritto d’autore vigente, invece di favorire lo sfruttamentodel potenziale di libertà offerto dalle reti digitali, lo ostacola.Per esempio, il diritto vigente vieta d’usare le tecnologie peer-to-peer (aMule,BitTorrent, ecc.) per scambiare opere tutelate dal diritto d’autore.Eppure le reti peer-to-peer sono uno strumento di libertà, che realizza anchel’obiettivo dell’efficienza distributiva.Sono state anche introdotte norme che sanzionano questo comportamento.Nonostante questo, un numero enorme e crescente di persone utilizza letecnologie peer-to-peer.Di fronte al disorientante cambiamento paradigmatico del contesto tecnologicoe sociale è necessario un coraggioso cambiamento di rotta orientato daicapisaldi della nostra cultura democratica: i valori costituzionali, ed i dirittifondamentali.E’ necessario riprendere a navigare verso il futuro interrompendo il processo di“deriva protezionistica” del diritto d’autore, che ha caratterizzato gli interventinella materia fino agli anni più recenti.Il punto dal quale partire per tracciare questa rotta è senz’altro costituitodall’art. 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 (DUDDUU)che sintetizza perfettamente le tensioni insite nel diritto d’autore che, non vadimenticato, è un diritto monopolistico di sfruttamento esclusivo dell’operacreativa concesso dal legislatore alla luce dell’obiettivo di incentivare ladiffusione di cultura, informazione e conoscenza.Mentre l’art. 27 comma II stabilisce che: “Ogni individuo ha diritto allaprotezione degli interessi morali e materiali che gli spettano in ragione delleproduzioni scientifiche, letterarie ed artistiche delle quali sia autore”, il Icomma dello stesso articolo 27 recita: “Ogni individuo ha diritto a partecipareliberamente alla vita culturale della comunità, a godere delle arti ed apartecipare del progresso scientifico ed ai benefici che da questo risultino”.La realtà del diritto d’autore, come storicamente attuato, deve realizzarsi nellacontrapposizione dialettica tra questi due valori che devono essere attuati inmodo diverso in diversi momenti storici alla luce delle concrete possibilitàofferte dallo stato della tecnologia.Il diritto dell’autore (e non, si badi bene, dell’editore o del produttorecinematografico, discografico ecc.) deve essere letto anche alla luce degli altridiritti fondamentali.Innanzitutto alla luce del principio di libertà d’espressione e d’informazione(riconosciuto all’articolo 19 della DUDDUU ed all’art. 21 della CostituzioneItaliana).Il diritto d’autore deve quindi tenere conto del diritto di citazione, critica erielaborazione creativa e del diritto di ricevere l’informazione che spetta aiterzi.Infine, il diritto d’autore deve attuare il valore della libertà d’iniziativaeconomica, espressamente riconosciuta all’art. 41 della Costituzione Italiana.L’attuale concentrazione dell’industria mediatica e culturale limita questalibertà. Vanno quindi incentivati modelli di normazione che facilitinol’indipendenza dell’autore dalle industrie di settore.
Concludendo
, in questa fase di transizione storica è doveroso lavorare percostruire una società della conoscenza libera, e quindi per modificare ildiritto d’autore di modo che questo attui in modo pieno i diritti fondamentali, inparticolare quelli di libertà d’accesso alla cultura, di libertà d’espressionee d’informazione e di libertà d’iniziativa economica.

Relazione Sul governo dell’economia, a cura di Daniele Bertolini, Piero Capone, Michele De Lucia e Alessandro Massari.

RELAZIONE SUL BILANCIO INTERNO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI: “L’AZIONE DEI RADICALI SULLA TRASPARENZA, IL RISPARMIO E L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA”
Relazione presentata al Comitato Nazionale di Radicali Italiani – Roma, 28-30 settembre 2007
di Antonella Casu

Degli interventi sulla gestione e sulle spese della Camera dei deputati, se ne è parlato nelle ultime settimane in occasione della discussione e del voto sul Bilancio interno della Camera relativo al consuntivo per  l’anno 2006 e al preventivo per il 2007. Il lavoro in merito, ha visto però, l’impegno e l’attenzione nostra nel corso dell’intero anno a partire da quelli che sono i problemi che stanno a monte, prima ancora che nell’ambito dei singoli capitoli di spesa. Già a settembre scorso, quando si affrontò il precedente Bilancio, nell’ambito del dibattito in aula, l’intervento della Rosa nel Pugno, fatto da Sergio D’Elia, fu incentrato – appunto più che sulle spese specifiche del funzionamento, che peraltro poco conoscevamo essendo appena rientrati dopo ben 10 anni di assenza – sul problema della trasparenza e del finanziamento diretto e indiretto ai partiti.Si mise in risalto come lo slogan che echeggiava nel corso di quel dibattito «più servizi meno soldi», che aveva incontrato il favore a parole di tutte le forze politiche, potesse rimanere solo uno slogan fintanto che non si fosse toccato uno dei capitoli più pesanti e intollerabili dei cosiddetti costi della politica ovvero il finanziamento pubblico ai partiti, abrogato con referendum e continuato ad erogare sotto altre forme e dizioni.Evidenziando quelli che erano stati i  primi segnali di inversione di tendenza rispetto ad un passato di sprechi e di privilegi, che pure ci sono stati e continuano ad esserci, si sottolineò la necessità di tutelare il prestigio di una Istituzione attaccata, a volte a ragione ma molto spesso in modo qualunquistico, rispettando rigorosamente le regole e soprattutto garantendo la massima trasparenza. I nuovi documenti sono stati resi disponibili, per i membri dell’Ufficio di Presidenza, a marzo scorso e sono stati oggetto di discussione a partire da aprile. Già nel corso di tale dibattito è stato possibile sollecitare una serie di interventi, per alcuni dei quali non si è reso poi necessario predisporre ordini del giorno specifici essendo stato assunto un impegno da parte del Collegio dei Questori. Per prassi, i documenti di Bilancio vengono forniti nei primi mesi dell’anno e riguardano il consuntivo dell’anno precedente, su cui non è più possibile intervenire e il preventivo dell’anno, con la proiezione sui due esercizi successivi. Negli ultimi due anni si è approvato in aula il preventivo, per l’anno in corso, a settembre (lo scorso anno perché si era a inizio legislatura, quest’anno perché la scadenza prevista a luglio è stata fatta slittare a dopo la pausa estiva) portando all’esame un documento elaborato molti mesi prima, senza alcuna integrazione rispetto all’effettivo andamento della gestione con tutto quello che ne consegue, come dimostrano le cronache dei giornali dei giorni scorsi, dove a fronte di quanto dichiarato in aula, dai Questori, rispetto a interventi apportati che comporteranno riduzioni di spesa, in alcuni casi già a partire dal 2007, i giornalisti hanno evidenziato come tutto questo non trovi riscontro nei dati di bilancio; con una situazione “ridicola” di botta e risposta per spiegare che il bilancio essendo la previsione fatta a inizio periodo non poteva tener conto di tali modifiche.Il potere di spesa e il controllo effettivo è affidato essenzialmente ai Questori, i quali rendono noto con la pubblicazione dei bollettini degli organi collegiali le singole decisioni di spesa in modo assolutamente criptico. Le delibere pubblicate nel bollettino sono sempre più o meno di questo tenore “Il Collegio autorizza le spese relative al servizio X piuttosto che Y” FINE, senza alcuna indicazione dell’onere che comporta, dell’appaltatore cui è affidato il servizio, dei criteri adottati nella scelta della ditta cui affidare il servizio ecc… I segretari di Presidenza hanno la possibilità di chiedere delucidazioni, che appunto vengono fornite a richiesta. Lo stesso dicasi per il Bilancio nel suo complesso. Vengono forniti i documenti contabili corredati delle relazioni e si ha la possibilità di chiedere i piani di settore su capitoli specifici di Bilancio, comprenderete che è ben difficile chiedere i piani per ciascun capitolo, per ciascun settore. Inoltre, disporre una volta all’anno, a marzo o addirittura oltre, del bilancio non consente un intervento incisivo sull’andamento della gestione. Questo, per chiarire che il problema non è stato tanto e non è stato solo affrontato in relazione alle singole spese, ma piuttosto nei problemi che stanno a monte rispetto alla trasparenza e alla effettiva possibilità di intervento, per scongiurare che l’approvazione del Bilancio sia una mera formalità. Va tenuto presente che, parlando di Bilancio interno della Camera, parliamo di circa un miliardo di spesa, non c’è dubbio che gli sprechi vadano eliminati a qualunque livello si individuino, ma basti paragonare questo ammontare ai 4 miliardi che ogni anno passano dallo Stato al mondo cattolico o, agli 80 miliardi di soli interessi sul debito pubblico per tenere nella giusta considerazione di cosa stiamo parlando.Le sollecitazioni fatte, appunto ad aprile in sede di Ufficio di Presidenza, che non hanno comportato successivamente l’esigenza di predisporre ordini del giorno sono state rivolte innanzi tutto:·                                 a una maggiore trasparenza dei dati di bilancio e una maggiore possibilità di partecipazione dei membri dell’Ufficio di Presidenza nel controllo sulla gestione nel corso dell’intero esercizio;·                                 allo sviluppo delle attività di formazione del personale interno, per il quale sono stanziati dei fondi, al fine di ridurre le consulenze esterne;·                                 all’adozione di una politica degli immobili che privilegi l’acquisto in luogo della locazione, essendo economicamente più vantaggioso sostenere gli oneri per un mutuo piuttosto che quelli per i canoni di locazione;·                                 all’introduzione di misure che consentano una gestione più rigorosa in tema di assistenza sanitaria integrativa dei deputati, adeguando le quote di contribuzione e razionalizzando i criteri di rimborso in modo tale da consentire un maggiore equilibrio di gestione per evitare che anche questo capitolo gravi pesantemente sui costi della Camera determinando l’ennesimo privilegio. Rispetto ad altre questione, che pure in parte sono state affrontate in sede di Ufficio di Presidenza, ma sulle quali non vi erano stati impegni conseguenti, si è ricorso al deposito di ordini del giorno al Bilancio, che sono lo strumento con cui ciascun deputato può intervenire nell’ambito delle spese e del funzionamento della Camera; ve ne sono stati due che non siamo riusciti a far passare e diversi altri che invece sono stati accolti. Gli Odg sono stati presentati dai deputati radicali della Rosa nel Pugno,  D’Elia, Turco, Beltrandi, Mellano, Poretti e dai deputati Turci Rosa nel Pugno e  Poletti dei Verdi. In alcuni casi si sono aggiunte le firme di altri deputati quali Antinucci RnP, Mura IdV e Del Bue Nuovo PSI.I due Ordini del giorno non andati a buon fine e che sono stati ritirati, riguardano le somme erogate a titolo di rimborso spese trimestrale per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e tra l’aeroporto di Roma Fiumicino e Montecitorio e quelle erogate, per il tramite del gruppo parlamentare di appartenenza, per il rimborso per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettore, utilizzato anche per i collaboratori. Tali somme vengono erogate come rimborsi forfetari. Essendo rimborsi spese, gli OdG prevedevano che, nell’ambito dei limiti del budget stabilito, venissero erogate le somme a fronte del deposito della relativa documentazione e che tali rimborsi dovessero essere resi pubblici sul sito internet della Camera. Il collegio dei Questori, che esprime in aula il parere sui singoli OdG, adducendo la complessità della struttura che si sarebbe dovuta mettere in campo per eseguire i controlli richiesti, ha invitato i presentatori al ritiro, diversamente il parere era negativo. Gli Odg accolti, in alcuni casi con riformulazioni proposte dal collegio dei Questori,  sono volti principalmente all’innovazione tecnologica, al risparmio e soprattutto alla trasparenza. Nel dettaglio le richieste prevedono che: ·                                 Il canale satellitare sia affittato direttamente dalle società di gestione, superando l’intermediazione di RAI Way che è l’attuale fornitore della Camera dei deputati e che non è proprietario di canali satellitari;·                                 siano videoregistrati integralmente i lavori delle Commissioni parlamentari e resi disponibili agli utenti, al fine anche di incrementare l’archivio, il sito web oltre che il palinsesto del canale satellitare. Attualmente, le commissioni sono dotate di impianti di videoregistrazione, fissi o mobili, ma in genere vengono registrate soltanto alcune audizioni e alcune indagini conoscitive;·                                 l’implementazione della programmazione televisiva sul canale satellitare della Camera, arricchendo la diffusione dell’attività parlamentare e di eventi esterni all’istituzione, ma inerenti l’attività politico-parlamentare, anche attraverso l’acquisizione di produzioni realizzate da imprese esterne al fine di realizzare  un palinsesto organico e costante. Attualmente sul canale satellitare viene trasmessa la diretta dell’aula, qualche audizioni in Commissione, qualche documentario sui palazzi istituzionali, per il resto c’è un avviso sullo schermo di convocazione seduta; ·                                 l’immediata valorizzazione dei servizi on-line, garantendo comunque gli stampati per chi ne fa espressa richiesta al fine di ottenere oltre al risparmio di risorse anche un maggior rispetto per l’ambiente. La Camera ogni anno spende circa 8 milioni e 700 mila euro per la stampa dei soli atti parlamentari, tutti disponibili sul sito e quotidianamente si vedono gettati enormi quantità di tali documenti cartacei; ·                                 la cessazione dei privilegi assicurati ai deputati cessati dal mandato, così come avviene per i deputati europei, a partire dai viaggi gratuiti su autostrade, ferrovie, aerei e navi sul territorio nazionale;·                                 attivazione del sistema di telefonia ‘VoiceIp’ su tutte le linee in uso alla Camera dei deputati;·                                 immediate direttive finalizzate al risparmio energetico da realizzarsi da un lato utilizzando lampadine a basso consumo e dall’altro, previa verifica dei costi/benefici, adeguando l’impianto di illuminazione per ogni ufficio con sistemi di rilevazione automatica di presenza di persone, come già avviene negli uffici del Parlamento europeo di Bruxelles e Strasburgo;·                                 estensione dell’utilizzo dei software ‘Open Source’ gratuiti a tutte le macchine informatiche dei deputati, dei Gruppi Parlamentari e dell’intera amministrazione della Camera. Accolto con l’inserimento della clausola “su base volontaria”;·                                 raccolta differenziata finalizzata al riciclo della carta in tutti i palazzi della Camera dei deputati. ·                                 Inoltre, con riferimento all’anagrafe degli eletti e più in generale alla trasparenza delle istituzioni, ritenendo di fondamentale importanza dare la possibilità ai cittadini di conoscere l’attività delle istituzioni elettive ed in particolare della Camera dei deputati e dei singoli Deputati, registrando barriere di varia natura circa l’accessibilità e la trasparenza dei dati; si considera necessario, l’ampliamento e aggiornamento del sito Internet della Camera dei deputati rendendo accessibili, nei limiti previsti dalla legislazione e dalla normativa interna, tramite formati aperti, liberi e standardizzati, ogni dato utile a una trasparente informazione dell’opinione pubblica.·                                 I Deputati “in missione”, oltre ad essere considerati presenti ai fini del numero legale, percepiscono 206,58 euro che altrimenti sarebbero detratti dalla diaria quando non si partecipa ad almeno il 30 per cento delle votazioni della giornata effettuate con procedimento elettronico. Le missioni vengono spesso autorizzate sulla base di una semplice e “insindacabile” comunicazione al Servizio Assemblea da parte del deputato. Esiste però una Circolare del Presidente della Camera del 21 febbraio 1996, che dispone che le richieste di missione: “devono essere determinate nella loro durata e adeguatamente motivate”. Su questo tema c’è stato molto dibattito, un vero e proprio braccio di ferro, sia nelle riunioni dell’Ufficio di Presidenza che poi in aula, ove era stato inizialmente chiesto il ritiro dell’OdG, che è stato poi accolto con una riformulazione che impegna l’Ufficio di Presidenza a riesaminare la questione nei termini della circolare del 1996 affinché essa sia rigorosamente applicata.·                                 Infine, contro il voto dei ‘pianisti’, illegale, si chiede il sistema di riconoscimento biometrico per l’identificazione del deputato sul sistema di voto. Il lettore biometrico può essere utilizzato all’inizio di ogni votazione, anche solo per l’attivazione della postazione, procedendo quindi con gli attuali pulsanti per l’espressione del voto; tale procedura garantisce gli attuali livelli di segretezza del voto e la sicurezza al 100 per cento del riconoscimento del deputato votante. Questo OdG è stato accolto come raccomandazione al fine di verificare la fattibilità tecnico-economica del progetto. La decisione politica di adottare tale impianto dovrà essere sottoposta all’Ufficio di Presidenza e alla Conferenza dei presidenti di gruppo. C’è stato poi un OdG proposto da Donatella Poretti, firmato anche da Mellano e da molti altri deputati di un po’ tutti gli schieramenti che è il proseguo di una iniziativa che Donatella conduce da tempo. Già a maggio scorso era stata promotrice di un appello sottoscritto da 131 deputati volto a cogliere, nell’anno europeo per le Pari Opportunità, l’occasione da parte della Camera dei deputati per dare un segnale al Paese agevolando la possibilità alla donna che lavora di diventare mamma, istituendo all’interno del posto di lavoro l’asilo, iniziando dalla Camera dei deputati come avviene nei parlamenti di altri Paesi europei come segnale per le altre istituzioni e grandi aziende, pubbliche o private. Non un privilegio in più ovviamente, l’Odg prevede che il servizio sia a pagamento da parte degli utenti e senza oneri per la Camera dei Deputati, disponibile oltre che per tutti i parlamentari anche per il personale dipendente e per quello accreditato. Dopo un intenso dibattito sui termini e i tempi di impegno rispetto al progetto, l’OdG è stato accolto stabilendo che il reperimento dei locali adeguati dovrà avvenire nel più breve tempo possibile e comunque entro il 2008. L’attenzione della stampa è stata prestata più a seguire e alimentare l’ondata di demagogia  piuttosto che a valorizzare le proposte concrete portate per segnare una inversione di tendenza, accomunando tutti i partiti sullo stesso livello a difesa dei privilegi, salvo poche eccezioni. Ci sono state paginate, articoli su articoli sul costo delle divise dei commessi, piuttosto che sui consumi di carta igienica, in questo modo si è ritenuto di informare l’opinione pubblica, non ci si sorprenda poi e, anzi, si comprenda il perché del fenomeno della gente nelle piazze di Grillo e quant’altro. Questo quindi quanto è stato fatto, molto ancora c’è da fare, anche rispetto a questi OdG accolti; bisogna innanzi tutto vigilare e attivarsi affinché agli impegni assunti seguano le loro concretizzazioni. Impegnarsi anche affinché, per porre rimedio ad alcune storture, per dare segnali, siano messe in campo riforme effettive, cocrete e non proclami o addirittura peggio …In questi giorni, le massime figure che rappresentano la Camera dei deputati, con molta fierezza hanno sbandierato come non sia stato applicato l’adeguamento inflazionistico sulle indennità parlamentari. Certo è impopolare, in questo momento, dire che è corretto l’aumento dell’indennità parlamentare, ma senza una modifica legislativa, non erogare questo adeguamento rappresenta l’ennesima illegalità posta in essere da un’Istituzione disattendendo l’applicazione di una legge dello Stato, peraltro generando una sperequazione perché al Senato, invece, è stata applicata la legge ed è stato erogato l’adeguamento. Certo si è usato il termine congelamento, probabilmente appena l’attenzione si sposterà su altro, si provvederà a “scongelare il provvedimento”.Lo scandalo non è nell’ammontare del compenso che va ai parlamentari, che certo non è superiore a quello di pressoché qualsiasi altro dirigente o a quello di molti giornalisti, che pure vivono di finanziamenti statali all’editoria, lo scandalo è riscontrare che ci sono parlamentari assenteisti, che anziché esercitare il loro mandato continuano a fare l’avvocato o ad esercitare qualsiasi altra professione; parlamentari che risultano in missione, ma che invece stanno facendo altro. Riscontrare che due terzi del compenso erogato ai parlamentari non entra nella base imponibile e non è soggetto all’imposizione fiscale, che una parte di questo viene erogata come rimborso spese cui il deputato non è tenuto a dare alcun riscontro documentando la spesa. Scandalosi sono i privilegi assicurati ai parlamentari cessati dal mandato, a partire dal vitalizio con queste regole e a queste condizioni, ai viaggi a nostre spese garantiti a vita. L’onere sopportato per i parlamentari cessati dal mandato ammonta a circa l’80% dell’onere che sosteniamo per i parlamentari in carica.Quindi, riforme e non slogan e proclami Per i testi integrali degli ordini del giorno accolti:http://www.radicali.it/view.php?id=104709
VERSO UNA RIFORMA FISCALE ECOLOGICA
Relazione presentata al Comitato Nazionale di Radicali Italiani – Roma, 28-30 settembre 2007
di Aldo Ravazzi

Premessaa)     Agli inizi degli anni ’90 numerosi Paesi del Nord Europa (Finlandia, 1990; Norvegia, 1991; Svezia, 1991; Danimarca, 1992; Olanda, 1992) hanno adottate riforme fiscali ecologiche. I maggiori Paesi europei hanno adottato una serie significativa di misure negli anni successivi: Gran Bretagna (dal 1993); Germania (dal 1999); Francia (tentativo 1999).b)     L’idea di base è ridare all’ambiente e alle risorse naturali il loro giusto valore, attraverso il segnale del prezzo, consentendo così a consumatori  e produttori di fare scelte di consumo e di investimento che tengano conto dei costi imposti all’ambiente. I principi chi-inquina-paga, il principio di integrazione delle politiche ambientali nelle altre politiche (politiche economiche, finanziarie e fiscali; e politiche settoriali come ad es. energia, trasporti e industria) e lo sviluppo sostenibile sono ormai parte integrante dei Trattati Europei.c)     In una fase di forte tassazione del lavoro e delle imprese, l’aumento delle tasse sull’inquinamento e sulle risorse naturali, consente una significativa riduzione delle tasse sul reddito e sul lavoro, con una manovra fiscalmente neutrale (a gettito zero, invariato). Uno spostamento significativo della tassazione è comunque compatibile sia con (non auspicate) manovre di aumento della pressione fiscale che con manovre (sperate) di riduzione.d)     La Legge Finanziaria 2007 ha introdotto una serie di incentivi per fonti rinnovabili e prodotti ambientalmente compatibili. Un primo passo nella direzione giusta, da sviluppare radicalmente per rendere ambientalmente compatibile il sistema fiscale e rendere efficiente l’insieme dei meccanismi di incentivi e disincentivi economici e ambientali.e)     Una serie di rapporti e decisioni internazionali legati alle emergenze climatiche e ambientali sembra creare un “clima favorevole” in questo senso: i) il rapporto Stern britannico (ottobre 2006), il film di Al Gore “Una verità sconveniente”, il Pacte Ecologique della Fondazione Hulot in Francia; ii) i rapporti IPCC di Parigi e Bangkok (febbraio e aprile); iii) gli obiettivi dell’UE del Consiglio di Primavera (-20% per emissioni GHG, 20% di risparmio energetico e almeno 20% di rinnovabili (8-9 marzo); iv) il 1° Tax Forum Europeo organizzato dal Commissario Europeo alla Fiscalità e dedicato alla “Tassazione per lo Sviluppo Sostenibile” (19 marzo); v) il Green Paper della Commissione Europea sugli strumenti di mercato per ambiente e politiche collegate (in particolare l’energia) (28 marzo); vi) Il G8 di Heiligendamm.  7-12-15 possibili proposte in campo energia, trasporto e ambiente (clima) 1. Spostamento significativo dalla tassazione del lavoro e dell’impresa alla tassazione dell’energia e delle risorse naturali.Ad es. 12 punti in meno in 4 anni (3 all’anno) su Irpef e Irpeg compensati da un aumento della tassazione su carburanti ed elettricità (es. modello fuel escalator britannico). Introduzione progressiva, ma certa: radicale inversione di tendenza rispetto al passato.Annuncio contemporaneo della forte riduzione su Irpef e Irpeg
 2. Accentuare fortemente la differenziazione nella tassazione dell’acquisto degli autoveicolicolpendo fortemente quelli inquinanti (ad es. benzina sopra i 7litri/100 km) e agevolando quelli non inquinanti (ad es. benzina sotto i 4litri/100km, gas metano, elettricità, gpl). La manovra può essere fiscalmente neutrale (a gettito zero). Valutare il carattere inquinante del mezzo non solo in funzione dei gas di scarico emessi (CO2, Ghg, altri inquinanti), ma anche dell’occupazione di suolo e spazio (dimensione, volume). 3. Accentuare fortemente la differenziazione nella tassazione annuale degli autoveicoli, colpendo fortemente quelli inquinanti e agevolando quelli non inquinanti (come sopra). Incoraggiamento delle misure di road-pricing e accesso alle zone urbane storiche congestionate (es. di Singapore, Londra, Stoccolma).
 4. Aumentare progressivamente i Certificati Bianchi (risparmio energetico) delle imprese, per es. dello 0,5% l’anno fino al 2020 (dal 2% attuale all’8% nel 2020). 5. Rivedere ed aumentare progressivamente i Certificati Verdi (fonti rinnovabili) delle imprese, per es. dello 0,5% l’anno fino al 2020 (dal 2% attuale all’8% nel 2020). La revisione richiede essenzialmente l’eliminazione dei sussidi impropri attribuiti a forme di energia alternativa non rinnovabili. 6. Mettere all’asta la prossima distribuzione di diritti di emissione nell’ambito della Direttiva Kyoto sui mercati di emissione. Allargare gli ambiti di applicazione della Direttiva ai settori finora esclusi, come ad es. aviazione e trasporto marittimo, ed ai gas esclusi.
 7. Sperimentare la rottamazione degli immobili ad alto impatto ambientale e paesaggistico nelle zone più intensamente urbanizzate e a rischio sismico (per es. 10 palazzi simbolici nel 2008, 100 palazzi nel 2009; da finanziare con proventi di nuove licenze edilizie o parcheggi comunali). Collegamento con i certificati di palazzo. 8. Obbligo di installazione entro il 2012 di (per es.) 4 m2 di pannelli solari su ogni palazzina.Si crea un mercato, di conseguenza si crea un’industria, non è un costo significativo, funziona da volano/incentivo a maggiori installazioni. 9. Eliminare progressivamente (per es. in 7 anni) le esenzioni per i carburanti dei settori aviazione, trasporto marittimo e trasporto merci. Laddove necessario, in coordinamento con l’UE e i Trattati Internazionali in materia. 10. Tassare i voli interni aerei al fine di internalizzare i costi esterni ambientali. Incoraggerebbe l’uso del treno sulle lunghe tratte interne Roma-Milano. Usare i proventi per finanziare accelerare la realizzazione della Tav/Tac (dove utile), il mantenimento delle linee ferroviarie minori o i trasporti pubblici urbani.
 11. Inserire meccanismi di forte progressività a scaglioni (progressività torelliana, da Andrea Torelli) per i consumatori domestici di elettricità e acquagiustificati in linea teorica dai costi marginali di breve periodo e in pratica dalla scarsità e limitatezza delle risorse. La manovra può essere neutrale dal punto di vista del gettito, riducendo i prezzi sui consumi minimi vitali ed aumentando progressivamente al crescere dei consumi stessi. 12. Autostrade. Imporre una struttura della tariffazione autostradale basata sull’inquinamento provocato (esternalità ambientali) e una tassa autostradale sull’inquinamento destinata a finanziare modalità di trasporto su ferro. 13. Promuovere a livello nazionale e internazionale (come indicato dalla Comunità Europea) la separazione dei soggetti proprietari delle reti (gasdotti, oleodotti, ecc.) dai soggetti distributori
e la trasparenza dei prezzi di acquisto delle materie prime come il gas.
 
14. Promuovere politiche agro-silvo-pastorali che sappiano aumentare lo stoccaggio del carbonio (aumento della superficie a bosco, incremento del quantitativo di sostanza organica fissata nel suolo) per ridurre l’impatto delle emissioni di CO2 in atmosfera.
Questi provvedimenti potrebbero essere promossi a livello europeo tramite l’utilizzo della cosiddetta “condizionalità” in agricoltura e, a livello regionale, tramite i PSR (Piani di Sviluppo Rurale) 15. Incrementare i finanziamenti pubblici in materia di ricerca energetica. Introdurre eventuali detassazioni nei confronti delle imprese private che decidano di investire in proprio sulla ricerca scientifica in campo energetico e ambientale.   Conclusioni Al di là delle singole misure, delle aliquote e dei tempi di introduzione, che richiedono un approfondimento tecnico a livello governativo e parlamentare, risulta essenziale la filosofia dello spostamento progressivo della tassazione del lavoro e delle imprese alla tassazione dell’inquinamento e alle risorse naturali.Una possibile soluzione tecnica potrebbe risiedere in un decreto delegato con la fissazione dei principi e degli obiettivi. L’adozione di criteri quali:a) Neutralità fiscale; b) Spostamento dalla tassazione del lavoro e delle imprese (es. Irpef, Irpeg, Irap) all’inquinamento e alle risorse naturali (es. CO2, trasporti inquinanti); c) Progressività di adozione delle misure (es. Direttiva UE sulla tassazione Energia); porta numerosi vantaggi:a) Un ambiente meno inquinato; b) Un’economia più efficiente (miglior uso di risorse scarse, miglior funzionamento del mercato); c) Non aumento della pressione fiscale (accettabilità sociale);d) Adattamento progressivo nelle scelte di consumo e produzione da parte di consumatori e aziende