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COMITATO NAZIONALE DI RADICALI ITALIANI: LA RELAZIONE DI RITA BERNARDINI

Roma, 29 giugno 2007

Care compagne e cari compagni,

credo che abbiamo organizzato un Comitato diverso dai precedenti, – ce ne siamo assunte, me ne sono assunta la responsabilità. Perché il rischio che corriamo – ce lo siamo detto tante volte – è che quello che ci diciamo anche in questa sede sia ridotto a niente semplicemente perché non vi è il ritorno anche d’immagine. Non è un caso che il grande evento mediatico di questi giorni impersonato da Walter Veltroni, vede il nuovo candidato, la novità assoluta della politica nostrana, tutti citare, inglobare, abbracciare, tranne i radicali perché è lui il liberale, lui l’americano, lui magari il nonviolento, ma a questo non si spinge ancora preferendo il termine “pacifista”.

L’obiettivo che mi sono posta è stato quello di organizzare una crescita del dibattito interno che – se si verifica come è nelle mie e nostre intenzioni – oggettivamente è proiettato all’esterno.

Per la relazione che ho voluto affidare a Gianfranco Spadaccia “Un anno dopo l’alternanza: bilancio della possibilità di un’alternativa in tempi politici” non mi sono posta il problema di come la pensasse, non ho concordato con lui il taglio: gli ho fatto fiducia perché esponesse il suo punto di punto di vista. Perché sono convinta che una riforma strutturale come è quella che dobbiamo ricercare in questo momento avviene se si riesce a cambiare a mutare a riformare la forza delle varie componenti di militanza e di responsabilità.

Così ho dovuto decidere che il grande tema della Giustizia fosse affrontato in questo Comitato con due Relazioni quella del senatore Roberto Manzione e quella dell’Avv. Gian Domenico Caiazza su “Riforma della Giustizia: quella che incombe e quella che vorremmo”.

[Mi preme ricordare la nostra lotta per l’amnistia per noi premessa di qualsiasi riforma seria della Giustizia che però è stato affrontata dalla maggioranza precedente con l’accordo Ulivo – Lega – AN e UDC che portò – lo ricordate? – all’indulto graduato e dalla attuale maggioranza che ha varato sì l’indulto, ma affossando definitivamente il provvedimento di amnistia.]

Ringrazio di cuore il senatore Roberto Manzione per avere accettato di venire a relazionare qui in questa sede, non solo perché abbiamo saputo di come si sta battendo in Commissione Giustizia per tentare di sventare il colpo grosso di straCOMITATO NAZIONALE DI RADICALI ITALIANI: LA RELAZIONE DI RITA BERNARDINIvolgimento della riforma dell’ordinamento giudiziario con il Governo piegato ai diktat dell’Associazione Nazionale Magistrati, ma anche – consentitemelo – per il rigore con il quale ha affrontato la vicenda degli otto senatori ancora estromessi da Palazzo Madama con un comportamento ignobile delle massime cariche istituzionali del Parlamento: il Presidente del Senato Marini certo, ma anche il Presidente della Camera Bertinotti che non può fare a meno di intervenire su un problema che riguarda la regolare costituzione di una delle due Camere.

Il senatore Manzione nella vicenda d’attualità che riguarda la Giustizia ha detto qualcosa che ho letto dalle agenzie e che mi sento di condividere in pieno: “se la fiducia nasce dall’irragionevole opposizione della CDL, io mi sento obbligato a votarla, ma se nasce dall’irragionevolezza del Governo, che non tiene conto della scelta fatta dalla sua maggioranza, allora credo che potrebbe venir meno legittimamente ogni obbligo di coalizione”. Si arriva dunque ad una posizione molto forte e molto dura che porta la Giunta dell’unione delle Camere Penali a dire che “la presentazione da parte del Governo di 15 emendamenti voluti dalla magistratura associata dà il segno che ogni valore ideale e ogni principio costituzionale sono ormai asserviti ad interessi corporativi”.

Li ascolteremo, fra poco il sen. Manzione e domani mattina Gian Domenico Caiazza.

Da radicali penso che dovremmo farci carico anche dell’organizzazione di un grande Convegno in autunno cominciando fin da ora a riappropriarci del nome di Piero Calamandrei oggi sequestrato da quella Fondazione e che non ha più nulla a che vedere con quel Centro di Iniziativa giuridica promosso dal Gruppo Parlamentare Radicale nel 1978 quando, espellendo il finanziamento pubblico dei partiti, fornì i mezzi patrimoniali necessari per lo svolgimento della sua attività, all’epoca 250 milioni di lire per noi che non ne avevamo.

A Gianfranco Dell’Alba abbiamo affidato le relazione sull’Europa su “Una Europa delle “patrie” o la “patria” europea. L’attuale Unione Europea, i trattati costitutivi, la battaglia parlamentare europea di Altiero Spinelli e dei radicali. Le scelte del soggetto politico radicale”. […]

Continuiamo a vivere in un modo apparentemente distolto i 200.000 o 300 o 400.000 iscritti che ci vogliono per incidere nel modo in cui serve nella realtà politica e sociale italiana secondo la progettualità e la grande intuizione dello statuto radicale del 1967 federatore di realtà in fermento per la loro liberazione e per quella della società. Perciò assumo l’iniziativa di cedere la parola – perché divenga mia e nostra parola – agli avvocati.

Come faremo domenica mattina con i liberi farmacisti, con il Presidente Nazionale del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti Vincenzo Devito. Come ci ha dimostrato Sergio D’Elia – pensate, erano i giorni, e ne erano passati quaranta, in cui assieme a Marco, Valter Vecellio, Claudia Sterzi, Guido Biancardi, Lucio Bertè, Michele Rana stavano portando avanti lo sciopero della fame ad oltranza per la Moratoria – se si è lottato con rigore per anni, capita perché è nelle cose, nel dna vorrei dire, capita che si riesca a far passare un emendamento per la vendita di farmaci di fascia C anche nelle cosiddette Parafarmacie, cioè quelle farmacie che non fanno parte della corporazione. Emendamento che, è bene ricordarlo, era stato bocciato in Commissione attività produttive e che Sergio ha riproposto in aula nel casino di quei giorni riuscendo a farlo passare. Perché dico nel nostro dna? Ma perché già nel 1997 avevamo fatto quella apparente follia di depositare prima in Cassazione poi in tutte le segreterie comunali i 35 referendum molti dei quali sulle liberalizzazioni e, due fra i 35, prevedevano l’abolizione dell’ordine dei farmacisti e la soppressione della pianta organica delle farmacie. Sono le riforme che occorrerebbero oggi, così come erano state proposte allora come armi democratiche a disposizione di tutti.

Beh, a me ha colpito, seguendo da Radio Radicale l’intervento di Sergio al loro congresso ascoltare la dottoressa farmacista che lo presentava in mezzo ad un fragoroso applauso dire “un partito che le lotte non le fa sulla carta, ma le fa sulla propria pelle”.

200.000, 300.000, 400.000 possono apparire, soprattutto a noi, cifre folli. Ma è proprio a me stessa e a noi che voglio ricordarle. Mi piacerebbe cedere la parola, ascoltare le componenti del mondo omosessuale, quelle dei gay pride, perché la loro lotta di liberazione possa partire da qui da quelli che siamo e come siamo, e come viviamo, perché non c’è ragione – non ne esiste una – che a loro non siano riconosciuti quei diritti che si sono affermati e che sono scontati in tutto il mondo occidentale. Io sono convinta che se si iscrivessero in tanti, questa lotta di liberazione sarebbe presto vinta perché tante lotte così come quelle che ho ricordate che si federano mettono in moto un moltiplicatore delle libertà.

E così sul piano del lavoro e anche del ritmo del lavoro: martedì prossimo questo convegno che abbiamo messo in piedi sulla riforma delle pensioni e sul welfare con Emma e Lamberto Dini, con Enrico Morando e Antonio Polito, con Natale D’amico e soprattutto con il Gruppo Welfare to work di Roberto Cicciomessere e Valeria Manieri e Michele De Lucia che è l’estensore della risoluzione limpida e chiarissima che è stata approvata dalla Direzione del 23 giugno scorso. Su questi temi urge mettere in piedi quel Comitato, quell’Associazione che avrebbe dovuto (ma ne parlerò più avanti) mettere in piedi fin da dopo il Congresso Daniele Capezzone. Su questo abbiamo delle risorse di capacità politiche e organizzative che vanno sempre più affermandosi, come quella di Michele Bortoluzzi. Un convegno, qualcuno ha scritto sul forum, messo in piedi in fretta e furia per contrastare l’iniziativa del network di Capezzone. Ma io voglio ricordare, lo ricordo perché forse lo ha dimenticato anche Daniele, certamente lo hanno dimenticato questi compagni, che sulla riforma delle pensioni di anzianità e le riforme economiche noi abbiamo promosso i 20 referendum del 1999, quelli sui quali abbiamo investito gran parte del nostro patrimonio, e quindi saremmo quelli che in fretta e furia mettono in piedi un convegno che riguarda le pensioni di anzianità, gli ammortizzatori sociali? Quando abbiamo rischiato di chiudere tutto per promuovere quei referendum quasi 10 anni fa?

Parentesi sul Referendum elettorale, quello che viene presentato come il referendum contro la Casta, antipartitocratico. Le firme – come ci dicono – sono in affanno e il 24 scade il termine per la consegna in Cassazione. C’è qualcosa che sinceramente non mi quadra se vado a guardare il loro sito e i punti di raccolta per esempio nel Lazio:

Albano (RM) – Feste dell’Unità – dal 28 giugno all’8 luglio

Campoleone (RM) – Feste dell’Unità dal 7 luglio

Carpineto (RM) – Feste dell’Unità – 30 giugno e 1 luglio

Rocca Priora (RM) – Feste dell’Unità – dall’8 luglio

ROMA – Festa dell’Unità Terme di Caracalla tutti i giorni – dalle 20.30 alle 1.00

ROMA – Festa dell’Unità Centocelle (Piazza dei Gerani) – dal 28 giugno all’ 1 luglio – dalle 21:00 all’1:00

Scauri (LT) – Festa dell’Unità 29, 30 giugno e 1 luglio

Velletri (RM) – Festa dell’Unità – dal 5 luglio

Chi tiene in mano il gioco del referendum, se da una parte il Comitato Promotore parla di difficoltà e dall’altra la raccolta delle firme viene assicurata da una parte dai DS e dall’altra da AN?

C’è la Lega per il Divorzio Breve, animata da Diego Sabatinelli e Alessandro Gerardi che è già una realtà e sarà presentata ufficialmente il prossimo 5 luglio; ma su tutto il fronte del Diritto di Famiglia il gruppo messo in piedi da Diego Galli e Michele Lembo con la prestigiosa collaborazione del magistrato Bruno De Filippis.

C’e’ il convegno sull’ambiente e energia programmato per la prima decade di settembre e per il quale lavorano Giovanni De Pascalis, Antonio Bacchi, Igor Boni, Luca Pardi e Mario Marchitti.

C’è la scuola, con la relazione di Strik Lievers che ascolteremo più avanti, tema che si avvale del lavoro costante di Giorgio Ragazzini che ho voluto invitare a questo Comitato: anche qui – con il convegno organizzato a Firenze – si è arricchita la nostra proposta tanto che possiamo pensare di mettere in piedi una specie di Lega trasversale perché con la Riforma Fioroni rischiamo di andare a sbattere pregiudicando – qui probabilmente in termini irreversibili – il futuro dell’insegnamento e quindi della possibilità di crescita e di affermazione di nuove e incisive classi dirigenti che la nostra scuola dovrebbe essere in grado di sfornare. Insomma, una scuola più esigente – io dico – con studenti e insegnanti.

Sulla Moratoria – anche qui c’è un documento molto ben fatto che indica il percorso dei giorni che abbiamo di fronte – io credo che come Radicali Italiani dobbiamo continuare ad accorrere ed essere presenti su questo fronte di lotta.

L’ Associazione Luca Coscioni, marcia da sola, con la cura e l’attenzione che vi dedicano i suoi organi dirigenti, che coincidono in molti casi con quelli di Radicali Italiani (Marco Cappato, Maria Antonietta Farina); non voglio rivendicare come lavoro nostro quello che viene fatto con la cura quotidiana dall’Associazione che porta il nome di Luca; l’attenzione sì, e la consapevolezza che i nostri compagni hanno che “in quanto tali” sapremo accorrere su quel fronte quando sarà necessario, come è accaduto con Luca e Piergiorgio Welby.

Testamento biologico. Giovanni Nuvoli, ha detto al suo dottore, Carlo Sini, in presenza di un infermiere e un assistente. “Non voglio più curarmi. Staccate le macchine”. Con la professionalità, la passione, l’amore del Prof. Ignazio Marino, probabilmente si arriverà alla legge. Però c’è qualcosa che in termini di libertà mi fa soffrire dentro. Un paradosso, a mio avviso. Sembra quasi che maggiori diritti su se stessi e sulla propria persona si acquisiscano se non si è in grado di intendere e di volere. Se sei cosciente – se ci guardi con lo sguardo supplicante e profondo di Piergiorgio o con quello severo di Nuvoli – ma non ti puoi muovere, non puoi agire, questi tuoi diritti si affievoliscono fino a svanire. Se poi, addirittura, chiedi di non soffrire sei messo sul banco degli imputati assieme a coloro che ti vogliono bene e che ti seguono con amore. E’ tollerabile questa forma di tortura buonista di non poter disporre della propria vita se si è immobilizzati?

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Un paragrafo della mia relazione voglio dedicarlo al capitolo delle Associazioni Radicali che sono state e sono un fatto importante della nostra organizzazione. Con luci ed ombre. Intanto, un po’ di dati di conoscenza di noi stessi; grazie al lavoro in primo luogo di Michele ma anche di Pietro Migliorati e Marco Imperioli che ci hanno fornito il quadro dei dati in archivio: 1017 persone iscritte ad 1 o più associazioni locali (in realtà le persone sono 979 e 36 sono iscritti a più di 1 associazione).

Per le 979 persone iscritte alle associazioni locali, 77 non hanno nessun recapito in archivio mentre per 902 si ha a disposizione almeno un recapito tra indirizzi postali, email e telefoni: 673 hanno almeno 1 indirizzo email , 822 hanno almeno 1 indirizzo postale, e 776 hanno almeno 1 recapito telefonico (608 possiedono un recapito cellulare). Delle 979 persone iscritte alle associazioni locali, 374 sono anche iscritte a Radicali Italiani. A fronte di realtà associative – cito l’AR per la Grande Napoli – che si sono poste il problema dell’iscrizione al soggetto politico portando nuovi iscritti (il discorso vale anche per l’Associazione Ernesto Rossi che sta per raggiungere i 25) vi sono però altre realtà che si fregiano del nome di “Associazione Radicale” ma hanno fra gli iscritti, un solo iscritto a Radicali Italiani o, addirittura, zero. […]

Io credo che noi, anche e soprattutto in questa sede abbiamo il dovere di rendere noti i fatti contro un’operazione distruttiva che viene fatta nei confronti della realtà radicale. E’ un dovere nostro far conoscere noi stessi e, fra noi, Daniele Capezzone che ha, insieme ad Emma, la più alta carica istituzionale mai avuta da un radicale: Presidente della Commissione attività produttive. Una carica che Ernesto Rossi o altri nostri grandi predecessori avrebbero sognato. Incassata l’elezione, dal giorno dopo, al ritmo frenetico di “n” dichiarazioni al giorno, giù a denigrare e fare opposizione quotidiana per accattivarsi le simpatie di chi sta dalla parte opposta di chi lo ha fatto eleggere e voluto Presidente di Commissione. Essere all’ultimo posto per partecipazione a votazioni, non mi pare che faccia onore a ciò che lo stesso Daniele ha sempre proclamato di essere: non c’è mozione fra tutte quelle che abbiamo approvato nei comitati e nei congressi di Radicali Italiani quando era segretario che non si sia richiamata al Caso Italia e all’illegalità del sistema partitocratico. Cosa è accaduto dal momento dell’elezione a deputato : è sparito il caso Italia? Noi per strappare momenti di comunicazione e informazione abbiamo dovuto continuare a fare la vita di sempre, non solo con gli scioperi della fame ad oltranza, ma anche con l’occupazione della RAI per la quale ci siamo beccati la definizione di “danneggiatori” dell’immagine del Servizio Pubblico dal Presidente Petruccioli, cioè da quel Presidente che non rispetta le delibere della Commissione Parlamentare di Vigilanza.

Quando Sabelli Fioretti nell’agosto del 2004 disse a Daniele “Vai più tu in tv che Pannella”, Daniele rispose, “È vero, ed è vergognoso. Ci sono molte trasmissioni in cui Pannella non può andare. Ballarò, Porta a porta, Excalibur. Vespa ebbe anche la bontà di dirlo. Appena superato il concorso in Rai una delle prime regole che gli fu spiegata era: Pannella in diretta no”. Ma se Daniele dovesse spiegare oggi ad un giovane come si fa il parlamentare radicale, porterebbe se stesso come esempio?

Rispetto al Partito fin dal primo Comitato dopo il Congresso Daniele aveva accolto la proposta mia e di Marco di costituire un’Associazione sui temi delle riforme economiche e sociali; ribadì all’inizio dell’anno su mia sollecitazione questa sua volontà, ebbene tutto è caduto nel nulla e non certo per volontà mia o di altri qua dentro. Un’opera tesa all’esclusione del partito: qualsiasi iniziativa abbia preso da dopo il Congresso è stata per suo conto, con lui al centro, senza il Partito senza un’iscrizione portata al soggetto politico. Eppure personalmente durante la sua segreteria – la più lunga della storia radicale – credo di essergli stata vicina con una dedizione pressoché totale. L’ho fatto fin dal primo giorno quando l’ho incontrato ad una nostra manifestazione di largo Chigi, il primo gennaio 1998. Dopo poche ore era con me a Radio Radicale e in riunioni con Marco ed Emma. Oggi, apprendo, ci dice “basta con questi partiti” e ci mette, mette noi, nel calderone partitocratico: “il punto all’ordine del giorno – ha affermato ieri – non è uscire da un partito per fondarne un altro, ma uscire da questi partiti”. Siamo “questi”. “Una vecchia politica – scrive – che trascina con sé perfino le esperienze liberali più radicate (come quella radicale italiana)”. L’annunciato rilancio delle riforme si riassume magnificamente nel bignamino dei dieci comandamenti liberali che faranno sicuramente la fortuna del suo autore, ma non credo alle riforme che sono necessarie.

Io penso che sia stata un’innovazione rispetto al passato recente il modo in cui abbiamo lavorato con Elisabetta e con tutti gli altri. Penso di aver fatto di tutto per corrispondere alla definizione “la Segretaria del Partito” piuttosto che “il Partito della Segretaria”, secondo una efficace definizione di Sergio D’Elia. Questo ha fatto sì che abbia potuto esprimersi, anche mediaticamente, una pluralità di voci che ha reso più adeguata la nostra azione. Sia per la Marcia di Pasqua che per la manifestazione del Coraggio Laico come per tutta l’iniziativa sulla Moratoria, in questo salone, decine di persone si sono riunite per discutere, “decidere su” e come organizzare i diversi fronti di lotta. E non si è trattato solo di “romani”, ma in collegamento o di persona, di diversi compagni e compagne. La qualità del lavoro dei nostri deputati radicali, sia al parlamento europeo che in Italia, la loro autorevolezza, il loro uscire dalla logica della proclamazione che si riduce in nulla, il loro saper mordere e non abbaiare penso che molto sia dovuto al nostro volere e sapere fare squadra al nostro volere lavorare assieme.

Non mi preoccupo di essere una segretaria di passaggio: in 30 anni ho avuto l’onore di ricoprire incarichi importanti, come quello di oggi, ho avuto l’onore di dare l’avvio, di fondare associazioni, di portarle avanti fino a un certo punto, e credo di poter dire senza troppi problemi – mi pare – di avere saputo lasciarle nelle mani di altri, che la hanno sapute far crescere. Ma mi pare che il passaggio di testimone credo di saperlo fare. Se c’è una cosa che so fare è di lavorare per ma di non essere incollata alla poltrona che vi garantisco è molto faticosa e a volte difficile fino a dire “non ce la faccio”. L’ho fatto, per dire gli esempi più importanti, con il Movimento dei Club Pannella, quando passai lo scettro a Vittorio Pezzuto, l’ho fatto con l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, dopo averne posto le basi, con Marco Cappato, che sappiamo quanto l’abbia saputa far crescere.

Perché questo? Non perché io sia particolarmente buona, ma perché io vedo in questo partito, in questo lavoro che sappiamo fare assieme, un disegno, un disegno importante che si costruisce, la forza delle radici che abbiamo. E sono convinta che così come è capitato in alcuni momenti della nostra storia con la nostra tenuta noi possiamo incontrare il momento in cui delle cose importantissime scattano per il nostro Paese. E’ chiaro che se non cresce niente, se non si fanno crescere realtà, individualità, forze, queste cose noi non possiamo coglierle.Ecco perché io dico che do un’importanza immensa a questo nostro modo di riunirci e dico che la fiducia in me stessa ce l’ho soprattutto perché ho fiducia in voi e nella vostra capacità di lavoro.