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Proposta di legge per una normativa sulla protezione del suolo

La Nazione che distrugge il suo suolo distrugge se stessa

Franklin Delano Roosevelt

La protezione del suolo rappresenta un modo concreto e necessario per proteggere ciascuno di noi e per quelli che verranno dopo di noi. È una delle sfide più importanti del nostro tempo: invertire la tendenza alla distruzione graduale del suolo, una risorsa non rinnovabile che stiamo distruggendo, anno dopo anno.

In Italia e in Europa la protezione del suolo è una priorità ancora purtroppo non percepita come tale dalla maggioranza dei cittadini e dai decisori politici. Mentre su altri parametri ambientali come aria ed acqua si registra un costante miglioramento, a dispetto della grande eco che periodicamente si accende grazie ad articoli di stampa, il suolo continua a subire danni, alcuni dei quali assolutamente irreparabili.

La strategia tematica sulla protezione del suolo, approvata dall’Europa nel settembre 2006, individua le minacce che incombono sui suoli e indica la strada da seguire a Stati e Regioni. Tra le minacce non vi è dubbio che per il nostro Paese, almeno nelle aree di pianura, l’impermeabilizzazione sia quella più pericolosa. Ma non certo l’unica.

Il suolo, anche se di proprietà privata, svolge funzioni pubbliche: facilita il ricarico delle falde, fissa il carbonio organico, regima le acque di precipitazione, filtra gli inquinanti, ospita gran parte della biodiversità della Terra. Quando un suolo viene impermeabilizzato (cementificato) si configura una sorta di danno ambientale alla comunità anche se quel suolo è di proprietà privata.

L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) insieme alle Agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni e delle Province Autonome, ha realizzato e pubblicato nel 2020 un lavoro congiunto di monitoraggio sul consumo di suolo. I dati confermano la grave criticità: “la diffusione, la dispersione, la decentralizzazione urbana da un lato e, dall’altro, la densificazione di aree urbane, che causa la perdita di superfici naturali all’interno delle nostre città, superfici preziose per assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto”.

Si tratta di una sorta di atto d’accusa a noi stessi che non invertiamo la tendenza pur nella consapevolezza dei danni che stiamo arrecando a noi stessi. Mentre oltre il 7% del territorio nazionale è ormai impermeabilizzato, in alcune regioni come la Lombardia e il Veneto si raggiunge circa il 12% e si supera abbondantemente il 10% in Campania. Se consideriamo solo le aree di pianura, le più produttive, il dato è notevolmente maggiore e configura una situazione assai più grave di quel che appare.

In Italia storicamente è avvenuto uno scontro ideologico tra ambientalisti e “sviluppisti”. La maggior parte di chi si è occupato di temi ambientali l’ha fatto senza curarsi troppo degli aspetti economici. Chi si è occupato di economia e di sviluppo lo ha fatto senza pensare alla salvaguardia delle risorse naturali. L’inversione di tendenza può avvenire solo se riusciremo a dare un valore al suolo e mettere così in stretta relazione chi pianifica il territorio, chi pensa allo sviluppo economico e chi alla salvaguardia delle risorse.

È per questo che Radicali Italiani ha stilato in  progetto di legge, elaborato nel 2008, subito dopo l’approvazione della strategia europea e dopo un lungo confronto con molti scienziati del settore.

La stessa Europa che punta al 2050 come anno con consumo di suolo zero ci spinge a mettere mano alla nostra legislazione che ad oggi, colpevolmente, non ha alcuna norma per proteggere i suoli come invece accade da tempo in altri Paesi europei.

A livello nazionale serve infatti finalmente una Legge sulla protezione dei suoli, che punti al riutilizzo delle aree dismesse, al pagamento del danno che si produce eliminando i suoli (compensazione ecologica, fondo di compensazione ecologica), all’utilizzo di strumenti di pianificazione di area vasta: poli industriali, logistici, tecnologici non possono essere costruiti in ogni comune ma si deve utilizzare un’ottica complessiva, che ottimizzi le risorse e riduca il consumo di suolo.

Ad oggi in Parlamento vi sono molti progetti depositati ma la chiave della valorizzazione economica del suolo non è utilizzata ed è quella che può invertire la tendenza.

Quello che non è più accettabile è proseguire a distruggere la risorsa che ci fornisce la possibilità di vivere perché tutto comincia dal suolo.

“La rana non s’ingozza mai di tutta l’acqua dello stagno in cui vive” recita un noto proverbio; per questo distruggere il suolo, in ultima istanza, significa autodistruggerci.