Da anni l’Italia finanzia, addestra ed equipaggia la
cosiddetta Guardia costiera libica, che intercetta persone in fuga e le
riconsegnano a detenzioni arbitrarie, torture, violenze sessuali e schiavitù,
come denunciato più volte dalle Nazioni Unite, UNHCR e numerose organizzazioni
indipendenti.
Questo sistema di violenze continua a produrre vittime anche
in mare: nel solo 2024 oltre 2.200 persone hanno perso la vita o sono
scomparse nel Mediterraneo. I naufragi del 2025 confermano che questa rotta
resta tra le più letali al mondo.
Al cuore di questa complicità c’è il Memorandum d’intesa
Italia–Libia: un accordo che assicura sostegno tecnico e finanziario agli
apparati libici per “contrastare l’immigrazione illegale” e che si rinnova
automaticamente ogni tre anni, salvo disdetta comunicata con tre mesi di
anticipo. Il prossimo rinnovo scatterà il 2 febbraio 2026: significa che entro
il 2 novembre 2025 il Governo può ancora fermarlo.
Ma il Governo italiano è complice di tutto questo.
Oggi lo è dei proiettili sparati contro la Ocean Viking
da una motovedetta in precedenza appartenuta alla Guardia di finanza,
“gentilmente” donata alla cosiddetta Guardia Costiera Libica.
Oggi lo è di un noto torturatore, Almasri, che è stato
riportato in Libia con un volo di Stato.
Per queste ragioni abbiamo depositato una denuncia alla
Corte Penale Internazionale contro Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi,
Matteo Salvini, Carlo Nordio e Antonio Tajani. Perché questa complicità, che
secondo noi è corresponsabilità, va ampiamente indagata: nessun Governo è al di
sopra della legge e del diritto internazionale.
Oggi serve responsabilità. Serve coraggio.
Oggi quegli accordi possono essere fermati.
È tempo che la politica ritrovi la via della vita, della
legalità, dell’umanità.
FONDATO
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