“Cadono oggi i 45 anni dall’entrata in vigore della 194, una legge importante che però nel tempo ha svelato molte zone grigie dove i movimenti antiscelta e le amministrazioni di destra hanno saputo infilarsi per rendere l’accesso all’aborto sempre più difficile. È arrivato il momento di migliorarla”, così in una nota Giulia Crivellini, avvocata e tesoriera di Radicali Italiani e Vittoria Costanza Loffi, coordinatrice della campagna Libera di Abortire.
“La legge 194 del 1978 è un esempio di tutela della maternità che ha avuto il merito di salvare la vita di centinaia di migliaia di donne, ma che non ha parallelamente creato e garantito l’autonomo diritto di scelta. Le cause sono molteplici: dalla mancata previsione di un meccanismo di equilibrio tra personale medico obiettore e non obiettore di coscienza all’obbligo di ‘riflessione’ di sette giorni per poter procedere ad una interruzione di gravidanza; dall’assenza di impegni in materia di informazioni chiare e scientificamente corrette da parte delle istituzioni, fino all’impunità sulle scelte delle amministrazioni anti-abortiste guidate in questi anni dalla destra.
Alcune giunte regionali, infatti, come quelle di Marche, Abruzzo e Piemonte, hanno sfruttato le zone grigie della 194 per favorire le associazioni ultracattoliche all’interno dei consultori o si rifiutano di seguire le nuove linee di indirizzo ministeriali sull’aborto farmacologico. Con un effetto concreto sull’esperienza di migliaia di persone in questi anni.
Come di recente avvenuto in Spagna, tutti questi ostacoli devono essere oggi superati attraverso un testo di legge nuovo che garantisca meglio e di più il diritto di autodeterminazione e alla salute nel nostro Paese. La campagna ‘Libera di Abortire’ è nata sulla spinta di queste esigenze che anche molti progressisti negavano fino a poco tempo fa.
Il 28 maggio presso la sede di Radicali Italiani a Roma si terrà un incontro-seminario con tutte le realtà aderenti alla campagna per discutere e approfondire una bozza di proposta di legge di iniziativa popolare per superare la legge 194/1978 e rimettere al centro i nostri diritti riproduttivi”, concludono.