Il sex work come non lo avete mai visto: libero e legalizzato
Il sex work in Italia non è illegale, o meglio, per la normativa nazionale lo scambio di una prestazione sessuale in cambio di denaro non può essere perseguita e la persona che la pone in essere non può essere fermata dalle forze dell’ordine.
Ma tra l’assenza di sanzioni e il riconoscimento di tutele e diritti, negli aspetti legali e sanitari come in quelli socio-culturali, c’è una voragine: un abisso che ad oggi racchiude le sofferenze e le discriminazioni subite da migliaia di persone.
La distanza tra l’indifferenza verso un fenomeno, che genera odio, che diviene stigma nei confronti dei e delle sex workers italiani, e una completa regolamentazione e liberalizzazione della professione è colmabile solamente attraverso la lotta per il cambiamento.
E se la normativa nazionale non sembra penalizzare in maniera evidente il sex work, basti pensare alle ordinanze che vengono attuate a livello comunale da più di qualche tempo, nel tentativo di ghettizzare ulteriormente chi lavora nel sesso.
Attraverso la criminalizzazione di chi vuole acquistare le prestazioni sessuali da professionisti/e si alimenta lo stigma sul sex work, si rende meno sicuro il lavoro spostandolo materialmente in luoghi in cui il controllo e la conseguente tutela diventano quasi impossibili.
Tutto questo è previsto dal “Modello Nordico”, l’insieme di norme e regolamenti che fanno contente le correnti abolizioniste che hanno preso piede in Europa in riferimento al tema sex work e che, al di là di quanto millantato dai vari promotori, secondo dati scientifici e rilevazioni ha effetti devastanti per la vita delle e dei sex workers, per la loro sicurezza e sopravvivenza non solo economica.
Pretendere che tutti i lavoratori e le lavoratrici del sesso siano tutelati dalla legge dello Stato significa chiedere che i diritti umani vengano rispettati.
Dobbiamo gridare a gran voce che l’indifferenza nei confronti del fenomeno del sex work ha portato e sta portando unicamente altra violenza e una quotidiana violazione delle libertà e delle dignità di queste persone.
L’autodeterminazione dei corpi, la libertà sessuale e soprattutto la dignità di un lavoro coscientemente scelto, che nulla ha a che fare con la tratta degli esseri umani o con la costrizione (fenomeni che si combattono attraverso la regolamentazione del sex work) sono punti di una discussione che non può più essere rimandata: sono diritti civili innegabili.
Attraverso la campagna “The Red Umbrella” vogliamo prima di tutto fornire informazioni corrette e puntuali sul sex work, spogliarlo di uno stigma che da troppo tempo rende invivibili il lavoro e le esistenze di migliaia di persone.
Vogliamo raccontare la verità delle e dei sex worker, le loro storie e combattere perché le loro vite siano tutelate e rispettate, perché venga assicurato a tutte e a tutti un trattamento dignitoso come i lavoratori e le lavoratrici che sono.
Togliere la lettera scarlatta dal loro petto e renderla l’ombrello rosso con cui proteggerli/e e mai nasconderli/e da quanti preferiscono voltarsi dall’altra parte, con cui riconoscerci e scendere nelle strade, nelle piazze. Siamo stanchi di vedere i diritti fondamentali compressi e schiacciati dall’ipocrisia di uno Stato fintamente laico: siamo qui a lottare per la vita e per il lavoro perché “Sex work is work”.