Risultati Comitato nazionale

MOZIONE GENERALE

Premesso che:
– Il 12 maggio 1977, durante una manifestazione radicale a Roma, Giorgiana Masi veniva assassinata da agenti in borghese dello Stato, mentre manifestava pacificamente per l’anniversario sulla vittoria del referendum sul divorzio e contro la Legge Reale.
– In quell’Italia attraversata da violenza politica, tensioni istituzionali e repressione del dissenso, la morte di Giorgiana rappresentò una sospensione brutale della legalità democratica, accettata anche da parte di chi sedeva all’opposizione in Parlamento.
– Quasi cinquant’anni dopo, il rischio di una deriva simile torna a farsi sentire. Cambiano le forme, ma permane una logica illiberale: quella dell’erosione silenziosa dello Stato di diritto.

Considerato che:
– Il cosiddetto “Decreto Sicurezza” rappresenta un punto di svolta pericoloso: non solo viola l’art. 77 della Costituzione, mancando dei presupposti di necessità e urgenza, ma introduce norme profondamente lesive dei diritti umani e civili.
– Tra le misure più gravi: la soppressione del differimento della pena per madri con figli neonati, la previsione del reato di “resistenza passiva”, e l’assurda equiparazione della cannabis light alle droghe pesanti.
– Radicali Italiani ha già contrastato queste derive con atti di disobbedienza civile mirati a sollevare eccezioni di legittimità costituzionale.

Rilevato che:
– Il sistema penitenziario italiano è al collasso: sovraffollamento, strutture fatiscenti, carenza di personale e strumenti educativi, degrado igienico-sanitario, esplosione dell’emergenza psichiatrica e violenze documentate nei CPR.
– Il governo Meloni persegue un modello carcerocentrico e repressivo, che alimenta un ciclo di disumanizzazione e marginalità.
– Le recenti modifiche in materia di servizi segreti – che autorizzano operazioni coperte senza adeguato controllo parlamentare – minano il principio costituzionale della separazione dei poteri, aprendo scenari di illegalità istituzionale.
– L’azione complessiva del governo configura una “orbanizzazione” dell’Italia: garanzie svuotate, opposizioni marginalizzate, media pubblici allineati, e una cultura del nemico in continua mutazione (migranti, ambientalisti, studenti, sindacati, minoranze).

Considerato altresì che:
– A livello globale, l’ordine internazionale sta franando: la guerra in Ucraina, le tensioni tra Iran e Israele, la paralisi dell’ONU e il ritorno del nazionalismo armato segnalano la crisi irreversibile del multilateralismo.
– Solo un’Europa federale, forte, democratica e sovrana può offrire una risposta credibile: gli Stati Uniti d’Europa non sono più un’utopia, ma una necessità geopolitica.
– Il conflitto tra Iran e Israele rappresenta la fine simbolica del diritto internazionale: l’attacco preventivo israeliano, pur rivolto contro un regime oppressivo, viola principi fondamentali e alimenta una narrazione antidemocratica che rafforza gli autoritarismi.
– L’Unione Europea, se non vuole essere spettatrice impotente, deve dotarsi di una politica estera unitaria, autonoma e credibile.

Rilevato infine che:
– Sul piano interno, Radicali Italiani ha avviato processi di rinnovamento attraverso la proposta di legge “Articolo 16”, l’elaborazione di nuovi strumenti di partecipazione e la riflessione sulla crisi della democrazia diretta.
– La prospettiva politica radicale non può più ridursi alla sola testimonianza: deve assumere quell’incisività tale da permettere alla proposta, alla mobilitazione e all’organizzazione di incidere realmente sulla realtà politica e sociale.

Il Comitato nazionale impegna gli organi dirigenti a:

  1. Proseguire e rafforzare l’azione di disobbedienza civile contro le norme più liberticide del Decreto Sicurezza e contro tutte le leggi che limitano i diritti fondamentali.
  2. Promuovere una mobilitazione nazionale contro il Decreto Sicurezza, denunciandone la natura autoritaria e incostituzionale.
  3. Elaborare proposte organiche di riforma del sistema penale, penitenziario e della giustizia minorile.
  4. Rilanciare la campagna per gli Stati Uniti d’Europa, anche attraverso un’agenda europea per la difesa e la politica estera comune.
  5. Intensificare la raccolta firme per “Articolo 16” e avviare un confronto ampio sul rinnovamento degli strumenti radicali di democrazia partecipata.
  6. Promuovere iniziative e campagne comuni con altre forze liberali e progressiste, a partire dal Council ALDE di Helsinki.
  7. Lavorare per la riforma degli strumenti di democrazia diretta, coinvolgendo movimenti e forze affini nella scrittura di nuove proposte su referendum e leggi popolari.
  8. Avviare una campagna per l’abbassamento dell’elettorato passivo per la Camera dei Deputati a 18 anni, nel segno di una piena cittadinanza democratica.
  9. Continuare a sostenere i gemellaggi tra comuni italiani e ucraini, rendendoli sempre più pratici e significativi.
  10. Organizzare nell’autunno 2025 una nuova edizione del “Radical-Lab”, come spazio di formazione, elaborazione politica e generazione di nuove leadership radicali.
  11. Definire un piano operativo per accrescere le iscrizioni e il coinvolgimento degli iscritti, anche attraverso l’istituzione di una Giunta di Tesoreria.

Roma, 22 giugno 2025
Filippo Blengino
Patrizia De Grazia
Matteo Hallissey

APPROVATA


EMENDAMENTO GAMBARDELLA
ALLA MOZIONE GENERALE

Al punto 11 si aggiunge: […] avviare una campagna di iscrizione diretta a parlamentari e consiglieri regionali, esponenti dell’area liberare e riformista, con l’obiettivo di rafforzare nelle istituzioni le iniziative di Radicali Italiani.

ACCOLTO DAL SEGRETARIO


EMENDAMENTO USUELLI
ALLA MOZIONE GENERALE

Al punto 11 si aggiunge: si richiede a tutti gli iscritti, informati della difficoltà nella vita del partito rispetto
alle iscrizioni, di attivarsi immediatamente per chiedere al più radicale dei propri amici, di iscriversi, con l’obiettivo di raddoppiare in 1 mese il numero degli iscritti.

ACCOLTO DAL SEGRETARIO


MOZIONE PARTICOLARE
A PRIMA FIRMA BORSARI E STRIANI

Sostegno alla soluzione federale del conflitto israelo-palestinese: due stati, una federazione

Nel cuore del Mediterraneo orientale, là dove le tre grandi religioni monoteiste si sono intrecciate e scontrate, due popoli rivendicano il diritto di esistere. Il popolo ebraico, segnato dalla Shoah e da una lunga diaspora, che ha costruito lo Stato di Israele come risposta storica al proprio annientamento, e il popolo palestinese, radicato da generazioni nella propria terra, che ha visto la sua patria frammentarsi tra occupazione, esilio e umiliazione. Entrambe le comunità portano ferite profonde e legittime rivendicazioni. Per decenni, la comunità internazionale ha inseguito una soluzione basata sulla separazione: due Stati, due popoli, due territori. Ma quella visione, sancita nel 1947 dalla Risoluzione 181 dell’ONU, non ha mai trovato piena attuazione. L’interconnessione tra le due realtà, le profonde asimmetrie di potere e la convinzione che la sicurezza dell’uno dovesse passare per l’annientamento dell’altro, hanno reso la soluzione impraticabile. Oggi, più che mai, è evidente che la formula dei “due Stati”, senza una cornice istituzionale comune, non può garantire la pace.

La mera creazione di due entità statali non basta a scongiurare nuove violenze. Senza istituzioni comuni, un diritto condiviso e strumenti federali in grado di canalizzare le tensioni attraverso la loro istituzionalizzazione, il rischio di altre guerre, nuove segregazioni e ulteriori soprusi rimane concreto. Il federalismo, al contrario, offre un’alternativa realistica: non una semplice coesistenza, ma una coabitazione regolata da istituzioni comuni, legittime e garantiste.
Non si tratta di annullare le identità, né di fonderle forzatamente, ma di creare uno spazio politico condiviso nonviolento nel quale possano esprimersi, grazie ad una nuova architettura costituzionale. Una federazione composta da Stati autonomi, uniti da una cornice di diritti, istituzioni e responsabilità comuni.
In questo scenario, Israele e Palestina non scompaiono, ma si trasformano: diventano Stati federati all’interno di un’unica federazione. Israele conserverebbe la propria struttura politica, la propria cultura e le proprie istituzioni, ma senza più fondarsi su esclusioni etniche. La Palestina nascerebbe come Stato sovrano e democratico, libero da occupazioni e ricatti, dotato di piena autonomia e dignità. Accanto a loro, potrebbero nascere altre entità federate: uno Stato per gli arabo-israeliani in Galilea, un distretto speciale per i territori misti del Negev e una nuova entità per la ricostruzione di Gaza.

Al centro di questo progetto ci sarebbe Gerusalemme, simbolo dell’unione possibile: città indivisibile, capitale spirituale di tre fedi e futura capitale politica della Federazione. Gerusalemme non più separata da muri, ma organizzata in municipi federali, con rappresentanze congiunte e una gestione condivisa nel segno del reciproco rispetto. Gli “Stati Uniti di Gerusalemme” sarebbero fondati su una doppia appartenenza: ogni cittadino manterrebbe la propria identità nazionale, culturale e religiosa attraverso lo Stato federato di origine, e al tempo stesso godrebbe di una cittadinanza federale comune, che garantirebbe libertà di movimento, partecipazione politica, uguaglianza davanti alla legge e diritti fondamentali universali. Una federazione non etnica, ma civica; non imposta, ma negoziata; non negazione delle identità, ma garanzia del loro riconoscimento reciproco.

Questa proposta non rappresenta solo una risposta al fallimento della soluzione dei due Stati, ma anche l’evoluzione naturale della visione di Marco Pannella: due popoli, due democrazie. Pannella aveva compreso che il problema non sono le identità nazionali di per sé, ma il loro uso esclusivo e violento. Due popoli possono convivere solo se sono anche due democrazie, fondate sul diritto, sulla libertà e sulla legalità costituzionale. La prospettiva federalista realizza pienamente quella visione: trasforma due democrazie potenziali in una federazione di democrazie, in cui la diversità è tutelata e la coesistenza è resa possibile da istituzioni solide e da meccanismi condivisi.

Gli “Stati Uniti di Gerusalemme” offrirebbero anche una soluzione equilibrata alla questione del diritto al ritorno. I palestinesi della diaspora potrebbero rientrare nel loro Stato federato, o in distretti appositamente predisposti, mentre la Legge del Ritorno israeliana verrebbe mantenuta in forma simmetrica e gestita a livello federale, così da garantire a entrambi i popoli la possibilità di tornare senza escludersi.

Costruire una simile federazione non significa ignorare la storia, ma guardare al futuro.
Significa accettare che nessuno potrà dominare l’intero territorio, ma tutti potranno esserne parte. Significa riconoscere che la pace non sarà mai possibile se un popolo dovrà essere annientato perché l’altro sopravviva. La Federazione, gli Stati Uniti di Gerusalemme, non è una fantasia, ma una necessità: un’alternativa concreta alla discriminazione, all’occupazione, al terrorismo e alla vendetta.
La pace non è l’assenza di conflitto, ma la presenza di giustizia. E la giustizia, in questo caso, non può che essere federale.

Per questo, come Radicali Italiani, dobbiamo impegnarci attivamente per promuovere questa proposta e sostenere la società civile israeliana e palestinese che lavora in questa direzione, come il Federal Forum e il Democracy and Federalism Hub israeliano e quello palestinese con cui abbiamo già collaborato. È una prospettiva visionaria e perfettamente in linea con lo spirito radicale: quel pensiero che ha sempre avuto il coraggio di spingersi oltre i confini del possibile per difendere ciò che è giusto, anche quando è scomodo. Ma oltre la visione serve l’iniziativa, affinché questa proposta diventi oggetto di dibattito pubblico e di mobilitazione vera.

APPROVATA


MOZIONE PARTICOLARE
A PRIMA FIRMA DA RE

Supporto alla proposta di legge di iniziativa popolare “MA QUALE CASA?”, per il riconoscimento in costituzione del diritto all’abitazione

L’11 marzo 2025 è iniziata la raccolta firme per la Proposta di legge di iniziativa popolare “Ma quale casa?”, con la quale i proponenti intendono introdurre in Costituzione elementi per il riconoscimento del diritto all’abitazione e per l’attuazione delle politiche pubbliche necessarie a tutelarlo, ponendolo come principio orientante per la futura produzione normativa. L’aumento incontrollato – soprattutto, ma non esclusivamente, nelle grandi città – del costo degli affitti, unitamente alla scarsità, fuori dai grandi centri urbani, di opportunità occupazionali per le giovani generazioni, non può non portare Radicali Italiani a
riflettere sulla questione abitativa.

Il tema del diritto all’abitare non può non affrontato da chi si batte per le libertà e i diritti di tutte e di tutti, perché è materialmente impossibile godere di diritti o libertà se non si ha banalmente un tetto sopra la testa.
In molte città italiane la spesa per l’affitto “brucia” quasi il 50% del reddito delle famiglie. La media nazionale è del 30%. L’acquisto di una prima casa è fuori portata per tutte quelle persone – tipicamente
under 40 – che non hanno garanzie considerate adeguate dalle banche. Sempre più spesso anche per gli affitti sono richieste garanzie che oggi, considerata la flessibilità del mercato del lavoro, non è scontato che anche chi lavora sia in grado di avere.
A fronte di uno scenario fortemente penalizzante per chiunque non disponga di solide garanzie e/o del sostegno di una solida rete familiare, il Comitato Nazionale di Radicali Italiani impegna il movimento a supportare la proposta di legge di iniziativa popolare “Ma quale casa?”

La proposta ha già ottenuto il supporto della quasi totalità dei partiti del centrosinistra (Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Europa Verde, Possibile, VOLT, Italia viva, Più Europa), di decine di realtà associative e sindacali, nonché di molte associazioni radicali territoriali riconosciute e non riconosciute da Radicali Italiani (Radicali Venezia, Verona Radicale, Radicali Rimini, Sardegna Radicale, Radicali Marche, Associazione Enzo Tortora Radicali Milano, Associazione Radicale Adelaide Aglietta).
Il supporto alla proposta consentirà a Radicali Italiani di dialogare con le altre realtà coinvolte e di portare proposte concrete che – in chiave radicale e liberale – rispondano all’esigenza di garantire il diritto all’abitare.

RESPINTA


MOZIONE PARTICOLARE
A PRIMA FIRMA VANDELLI

Lotta al proibizionismo digitale

Visto e considerato il consolidato esercizio fallimentare del sistema scolastico italiano (in particolar modo quello secondario), non in grado di fornire corretti strumenti finalizzati alla comprensione del passato, all’analisi critica del presente e alla previsione del futuro;

Visti e considerati i risultati dell’Italia nelle statistiche generate mediante strumenti valutativi internazionali come ad esempio l’OCSE-PISA, nonché una percentuale di cittadini classificati come analfabeti funzionali che si attesta appena sotto al 30%;

Viste e considerate questioni estremamente critiche e strutturali del sistema scolastico quali l’abbandono scolastico (il 23% dei giovani 18-24 non ha terminato la scuola secondaria oppure non ha acquisito alcuna competenza di base minime, dato 2021) e l’attestarsi dei divari nelle valutazioni citate precedentemente sia su base geografica che di censo, quest’ultima incentivata dall’impianto classista della scuola gentiliana (OCSE – Survey of Adults Skills 2023: Italy); Viste le diverse storie di successo nei paesi nei quali i sistemi IT, internet e di intelligenza artificiale sono stati implementati quali, ad esempio, l’Estonia (sin dal 1996 con il programma Tiigrihüpe fino ai giorni nostri – D. Rozgonjuk et al., Internet use at and outside of school in relation to low- and high-stakes mathematics test scores across 3 years), la Finlandia e la Rep. Ceca (L. Juhaňák et al., The Relationship between Students’ ICT Use and Their School
Performance: Evidence from PISA 2015 in the Czech Republic); Preso atto della totale mancanza di attenzione da parte del Sistema di Istruzione italiano nei confronti di studenti con condizioni quali ADHD,
disturbi dello spettro autistico, dislessia e altre condizioni afferenti ai cosiddetti BES/DSA, i quali otterrebbero un beneficio inestimabile (a costi inferiori per la collettività) dall’adozione di strumenti tecnologici a fini di apprendimento;

Visto e considerato l’uso della scuola come quinta colonna della scia repressiva e proibizionista disegnata dal Governo italiano, negando agli studenti la possibilità di confrontarsi in modo sano con il mondo circostante attraverso un’adozione libera e consapevole dei mezzi di comunicazione quali telefoni cellulari od altri device anche mediante il sequestro coattivo degli stessi senza alcuna autorità;

Assunta la mancanza di volontà dei partiti politici sia di maggioranza che di opposizione ad affrontare questa tematica in maniera educativamente suicida, oltre che moralmente ignobile ed indegna di un paese parte di Unione Europea e G7;

Si impegnano gli organi dirigenti:

ad iniziare un’attività di approfondimento della tematica finalizzata ad una proposta politica che vada in senso opposto alle circolari del ministro Valditara, paladino di una scuola oscurantista ed anacronistica che volge lo sguardo all’Alto Medioevo e al debole concetto storico di Italia come unica sede della cultura globale, negando la realtà fattuale dettata dai dati e dagli indicatori socio-economici;

a creare un tavolo di confronto sul tema con personalità di comprovata caratura professionale od accademica, disponibili ad un confronto franco e supportato da dati ed evidenze empiriche;
a delineare una linea comunicativa sul tema in modo tale da coinvolgere in prima istanza gli studenti e il personale docente.

IL SEGRETARIO LA FA SUA


MOZIONE PARTICOLARE
A PRIMA FIRMA SORICE

Sostegno ai movimenti democratici palestinesi e rispetto del diritto internazionale nel conflitto mediorientale

premesso che:

  • la situazione nel Medio Oriente è caratterizzata da una escalation militare che coinvolge Israele, Iran, Palestina e altri attori regionali, con gravi conseguenze per la popolazione civile e la stabilità dell’area;
  • il regime iraniano continua a reprimere il movimento “Donna, Vita, Libertà” nato dopo l’uccisione di Mahsa Amini, mentre sostiene militarmente e finanziariamente organizzazioni come Hamas ed Hezbollah;
  • gli attacchi del 7 ottobre 2023 perpetrati da Hamas costituiscono crimini contro l’umanità che hanno danneggiato la causa palestinese e rafforzato le posizioni più estremiste;

considerato che:

  • il diritto internazionale e le risoluzioni ONU continuano a essere sistematicamente violate da tutte le parti in conflitto, inclusi gli attacchi israeliani contro l’Iran condotti al di fuori del quadro giuridico internazionale;
  • la risposta militare israeliana a Gaza ha causato una catastrofe umanitaria con decine di migliaia di vittime civili, in violazione del diritto internazionale umanitario e del principio di proporzionalità;
  • esistono movimenti palestinesi democratici e laici che si oppongono sia all’occupazione israeliana sia al fondamentalismo di Hamas, ma che rimangono marginalizzati nel dibattito internazionale;

rilevato che:

  • l’Autorità Nazionale Palestinese, pur con tutti i suoi limiti, rappresenta l’unica istituzione palestinese riconosciuta internazionalmente e alternativa al controllo di Hamas;
  • il rafforzamento delle forze democratiche palestinesi è condizione necessaria per qualsiasi soluzione politica duratura basata sul principio “due popoli, due Stati”;
  • la comunità internazionale ha la responsabilità di garantire l’accesso agli aiuti umanitari a Gaza e di sostenere le forze democratiche in tutta la regione;

    Impegna gli organi dirigenti a:
  1. A promuovere una campagna di informazione e sensibilizzazione sul ruolo dei movimenti democratici palestinesi nella costruzione di un’alternativa laica e nonviolenta sia all’occupazione sia al fondamentalismo islamista;
  2. A organizzare iniziative pubbliche, conferenze e dibattiti per dare voce ai rappresentanti della società civile palestinese impegnati nella difesa dei diritti umani e nella costruzione di istituzioni democratiche;
  3. A sollecitare il governo italiano e le istituzioni europee affinché condizionino ogni
    orma di cooperazione con tutti gli attori regionali al rispetto del diritto internazionale e
    dei diritti umani, senza eccezioni;
  4. A sostenere attraverso i canali istituzionali e associativi la creazione di corridoi umanitari gestiti da organizzazioni internazionali indipendenti per garantire l’arrivo degli aiuti alla popolazione civile di Gaza;
  5. A denunciare pubblicamente ogni violazione del diritto internazionale, indipendentemente dall’attore che la commette, riaffermando la centralità del diritto come strumento di risoluzione dei conflitti.

IL SEGRETARIO LA FA SUA


– Proposta di modifica del regolamento del Comitato nazionale: APPROVATA A LARGA MAGGIORANZA
– Emendamento Vandelli Mozione Sorice: NUMERO DI FIRME NON RAGGIUNTE