I Radicali italiani tornano sul caso del ricercatore iraniano-svedese Ahmadreza Djalali, condannato a morte nel 2017, con una lettera-appello al ministro degli Esteri Tajani.
Il professor Djalali – esperto di medicina delle catastrofi, ha vissuto e lavorato anche nel nostro Paese, collaborando con il Crimedim-Centro Interdipartimentale di Ricerca e Formazione in Medicina dei Disastri, Assistenza Umanitaria e Salute Globale dell’Università del Piemonte orientale, insegnava alla Karolinska University di Stoccolma, dove viveva con la sua famiglia – è stato arrestato nel 2016 dopo essersi recato in Iran su invito ufficiale dell’Universitù di Teheran.
Condannato a morte nel 2017 dopo un processo sommario, per “corruzione sulla terra” e spionaggio per Israele, è rinchiuso nella prigione di Evin, nella capitale iraniana, in condizioni di salute sempre più precarie.
“In tutti questi anni, insieme ai suoi colleghi di Novara, con Amnesty International, con il Consiglio regionale del Piemonte, abbiamo promosso iniziative a sostegno della libertà del ricercatore iraniano.
Tuttavia – scrivono Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario, tesoriera e presidente di Radicali Italiani – la sua esecuzione è stata più volte annunciata come imminente, a dimostrazione del cinismo del regime islamico di Teheran che utilizza questo macabro ricatto come rappresaglia nei rapporti con i Paesi occidentali.
Occorre, e occorre urgentemente, una mobilitazione della diplomazia per salvare la vita di Ahmadreza Djalali. Occorre una posizione ferma da parte dell’Europa, da parte dei nostri Governi per liberare Ahmadreza Djalali dal macabro giogo dei funzionari della Repubblica islamica, scongiurandone l’esecuzione.
Per questo – concludono i vertici di Radicali Italiani – ci rivolgiamo a Lei, perché possa intraprendere ogni misura necessaria per arrivare alla scarcerazione di Ahmadreza Djalali, affinché possa festeggiare il suo prossimo compleanno a casa sua, in Europa.