Scrivi S47 nella dichiarazione dei redditi.

Leggi di più: info 2x1000


Via Angelo Bargoni 32/36 00153 Roma
+39 06 87763 051
info@radicali.it

L’antiproibizionismo è l’arma letale contro la mafia

Pannella lo diceva già alla fine degli anni 70

Articolo di Massimiliano Iervolino pubblicato su Il Dubbio del 21 gennaio 2023

Nella sede di Radicali Italiani c’è un manifesto del 6 ottobre 1979, data della manifestazione nazionale perla liberalizzazione dell’hashish e della marijuana. Presenti Jean Fabre, Mauro Melini, Mimmo Pinto, Rosa Filippini e altri. L’antiproibizionismo radicale che, da lì a poco, avrebbe avuto al centro dell’iniziativa politica la questione eroina. Molti ricorderanno gli infiniti scontri tra Pannella e Muccioli sintetizzabili da una frase di Marco: “Io mi occupo di una guerra, tu dei feriti, dei mutilati lasciati sul campo”.
Quale guerra? Tra la fine degli anni 70 e gli inizi degli anni 80 due Regioni furono teatro di scontri
tra bande criminali: la Sicilia e la Campania.

I soldi del traffico di droga, soprattutto dell’eroina, stava enormemente arricchendo la mafia palermitana come non mai, parliamo dallo famiglie di Bontate, degli Inzerillo e di Badalamenti. Gli affari con gli Stati Uniti – la cosiddetta pizza connection – stava dando un potere economico enorme alla Cupola palermitana. Questo giro di affari miliardario faceva gola a molti, soprattutto ai corleonesi i quali, a differenza dei palermitani, disponevano di una ferocia e di un esercito da utilizzare utile a prendersi il potere. Parliamo di boss del calibro di Luciano Liggio, Totò Riina, Bernardo Provenza, e Leoluca Bagarella. Con l’uccisione di Stefano Bontate – 23 aprile 1981 a Palermo – inizia la mattanza che, nel giro di due anni, farà circa 1.000 morti. Vinceranno i corleonesi, i palermitani saranno tutti o quasi ammiazzati.
Il resto è storia.

Durante gli stessi anni, anche la Campania fu al centro di tmo scontro tra bande criminali: la nuova camorra organizzata di Cutolo (NCO) e la nuova famiglia (NF) di Carmine Alfieri, Pasqua le Galasso, Luigi Giuliano, Antonio Bardellino e altri. Inizialmente lo scontro si incentrò sul contrabbando di sigarette gestito dalla fratellanza napoletana con Michele Zaza trait d’union con la mafia siciliana per poi divenire una vera e propria guerra quando dal contrabbando di sigarette si passò a quello della droga. Nel 1979 si registrarono solo nel napoletano 71 omicidi, con un crescendo che raggiunse 238 vittime nel 1983 per scendere a 114 nel 1984.

Luigi Giuliano ha più volte dichiarato nelle aule dei tribunali che i morti per le strade di Napoli e provincia sono iniziati ad aumentare vertiginosamente quando negli affari dei clan è entrata la droga, prima – sempre secondo le dichiarazioni rese dall’ex capo del clan omonimo di Forcella – con il contrabbando delle sigarette la situazione era molto più tranquilla. Forse un parallelo è possibile azzardarlo anche per la Sicilia ovvero sul come cambia la mafia dal sacco di Palermo – con Salvo Lima sindaco e Vito Ciancimino assessore ai lavori pubblici – all’avvento dell’eroina e quindi dell’inizio della guerra tra palermitani e corleonesi.

La domanda è semplice: come si poteva – e come si può ancora oggi – evitare questa guerra di potere
tra bande criminali ovvero come si possono sconfiggere le mafie? Le operazioni che portano all’arresto dei boss vanno benissimo, quindi contenti della cattura del capo clan Matteo Messina Denaro.
Ma bastano gli arresti? Assolutamente no. Anche perché sappiamo bene che la mafia è veloce nel riorganizzarsi. La guerra si vince con misure strutturali, anche e soprattutto con le politiche antiproibizioniste sulle droghe, lo diceva Pannella a Muccioli negli anni 80, sono passati 40 anni e la nostra ricetta è sempre la stessa. Il proibizionismo ha fallito e di morti per strada ne ha lasciati a migliaia. Su questo tema torneremo a battere con un’iniziativa popolare a partire da maggio.