Articolo di Massimiliano Iervolino del 27 novembre 2022
Dal 2010 al 31 ottobre di quest’anno, secondo l’Osservatorio Città Clima 2022 di Legambiente, si sono verificati in Italia 1.503 fenomeni estremi, con 279 morti in 780 Comuni. Da ieri, dopo la frana di Casamicciola a Ischia, bisogna purtroppo aggiornare la contabilità del dissesto idrogeologico e dell’emergenza climatica ad oltre 280 morti e 1.504 manifestazioni naturali estreme – dove estreme non sono tanto le manifestazioni della natura, ormai diventate ordinarie, quanto soprattutto l’irresponsabilità e la stoltezza umane.
Irresponsabilità estrema soprattutto da parte della politica, che non riesce ad approvare il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, fermo in parlamento dal 2018, e stoltezza da ascrivere almeno in parte anche a quel lato opportunistico di tutti noi per cui le regole, se comportano un sacrificio personale, tendono a valere di meno che per gli altri.
Intanto, in nove anni, oltre a piangere lacrime di coccodrillo sui morti dei disastri che ciclicamente si ripetono, i governi Gentiloni, Conte 1, Conte 2, Draghi e da un paio di mesi l’esecutivo Meloni hanno speso 13,3 miliardi di euro in fondi per la gestione straordinaria delle emergenze meteo-climatiche, sempre secondo Legambiente.
Anche il dato di questa spesa improduttiva e tardiva è purtroppo di nuovo da aggiornare, col governo Meloni che ha già deciso di stanziare almeno un altro paio di milioni di euro per questa ennesima “emergenza”.
Avremmo potuto spendere il 75% di soldi pubblici in meno se avessimo investito invece in opere di prevenzione, dalle casse di espansione, per far tracimare i fiumi in modo controllato in aree non urbanizzate, agli interventi di delocalizzazione di edifici residenziali o produttivi realizzati nel passato in aree a rischio idrogeologico, ha detto il Presidente di Legambiente, Stefano Ciafani.
Non sono solo organizzazioni “di parte” come Legambiente a denunciare questa situazione, ma anche istituzioni super-partes o di matrice istituzionale, come il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
“Come noto, in Italia frane e inondazioni sono frequenti e causano danni a strutture e infrastrutture nonché vittime, feriti e sfollati ogni anno. Negli ultimi 15 (dal 2007 al 2021) le persone che hanno perso la vita a causa di tali eventi sono complessivamente 336, di cui 188 per le inondazioni e 148 per le frane”, secondo il rapporto Polaris del CNR – anche in questo caso con dati ancora da aggiornare a ieri. Su quest’ultimo fronte, quello delle frane, l’ISPRA, da parte sua, conduce diligentemente un censimento annuale, dal quale risulta che l’Italia, coi suoi 620.000 episodi su versanti collinari e montuosi devastati dalla cementificazione e dal disboscamento, è teatro dei due terzi di tutte le frane rilevate nell’intera Europa.
I governi di tutti i colori e le configurazioni politiche e tecniche hanno in casa i dati e le conoscenze che servirebbero per passare dalla gestione di emergenze infinite alla gestione di una prevenzione programmabile a scadenze prestabilite. Se preferiscono non farlo, in concerto anche con le amministrazioni locali, strizzando l’occhio agli autori di abusi edilizi e ambientali piccoli e grandi, con promesse di condoni come quello che il governo Conte 1 cercò di approvare proprio per Ischia nel decreto per Genova del 2018, se ne devono prendere la responsabilità, politica e morale.
Nell’era antropocentrica della crisi climatica e ambientale, in attesa che lo Stato faccia il suo dovere approvando finalmente il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, avrei un suggerimento per lo Stato stesso e soprattutto per chi si appresta a costruire, ristrutturare, investire in immobili, comprare per abitare o dare in affitto o anche solo prendere in locazione un immobile.
Potrebbe essere una buona idea prevedere due figure di controllo, a garanzia delle parti. Al classico notaio incaricato di verificare l’inesistenza di precedenti ipoteche, vincoli o pignoramenti e la regolarità urbanistica e catastale formale degli immobili, si potrebbe affiancare un “notaio ambientale” che, per esempio, sovrapponga mappe e dati di ISPRA, CNR e magari dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia con quelli urbanistici, per verificare se e in che misura ci si stia esponendo ad un rischio idrogeologico, sismico, ecc. – oltre che ipotecario o catastale.
Questo non ci tutelerebbe necessariamente in tutte le circostanze, visto il nostro lato opportunistico, ma se di mezzo ci andasse un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, come un “notaio”, forse sarebbe più difficile ignorare in buona o cattiva fede il rischio.