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Aggiornamenti dalla Cop 27 di Sharm El Sheikh

Cime di alberi visti da sotto.

È iniziata a Sharm El Sheikh, in Egitto, la 27a Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici o #Cop27. I temi sul tavolo sono molti, le attese decisamente di meno, visti gli esiti deludenti delle azioni seguite ai pur storici impegni sottoscritti alla #Cop21 di Parigi nel 2015, quando la comunità internazionale stabilì l’obiettivo di limitare il surriscaldamento ben al di sotto di 2° C e preferibilmente attorno a 1,5° C.

Sembra improbabile che la Cop 27 riuscirà a partorire nuovi accordi di portata storica, anche se non è da escludere del tutto che aspettative minori rispetto al passato possano sortire qualche risultato positivo inatteso. È molto più probabile che quella di Sharm El Sheikh sia una Cop di concretizzazione, dove cioè si cercherà di arrotondare qualche asperità per una più piena attuazione degli impegni già presi in passato – già non sarebbe poco.

Intanto, comunque, la Cop27 ha già ottenuto un primo risultato, più di metodo che di merito, ma in diplomazia la forma è necessaria per raggiungere progressi sostanziali di qualsiasi tipo. La novità riguarda la cornice di principio entro cui i Paesi ricchi potrebbero accettare di contribuire al pagamento dei danni causati dal riscaldamento globale nei Paesi a basso e medio reddito. Si tratta di un passo procedurale potenzialmente importante, perché permetterebbe alle delegazioni di discutere ufficialmente per la prima volta le cosiddette “perdite e danni” climatici – un argomento tabù che finora non si era riusciti ad affrontare su basi condivise.

Il compromesso raggiunto nelle prime 48 ore di Cop27 prevede che i negoziati d’ora in poi si concentreranno su “cooperazione e facilitazione” invece che su “responsabilità o risarcimento” – due concetti caricati a pallettoni dialettici che finora avevano impedito qualunque progresso.

Può non sembrare un gran ché, ma di questi tempi di parossismi geopolitici, non è cosa da buttare via.