di Dino Rinoldi
Le questioni in materia ambientale sono molteplici, anche connesse con l’idea e la pratica del federalismo.
Così, sul piano della soprannazionalità continentale europea va ad esempio menzionata la decisione UE 2020/2053 su nuove risorse proprie (art. 311 TFUE): ci si diffonde sulla penalizzazione della produzione di plastica e sulla tassazione all’ingresso nel mercato unico delle merci prodotte in Stati terzi con generazione di Co2 oltre determinati limiti. Ma la decisione determina pure la modalità di formazione di debito comune europeo finalizzata al finanziamento dello «strumento» Next Generation EU (regolamento UE 2020/2094) e dunque dello stesso PNRR italiano, che per tanta parte (37% delle risorse) proprio all’ambiente è orientato.
Next Generation EU ci porta del resto a quelle «future generazioni» già menzionate nel preambolo della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE e ora comprese nella nostra Costituzione (art.9) proprio in riferimento alla tutela, fra l’altro, dell’ambiente.
Sempre al livello di governo dell’UE vanno ricondotte attività di organismi quali l’Agenzia esecutiva per il climna, l’infrastruttura e l’ambiente.
Sul piano interno – italiano – siamo alle prese con un regionalismo disordinato che ha assunto forme federalistiche da, appunto, riordinare anche senza necessariamente passare per una pur indispensabile revisione costituzionale (abortita nel 2016 per la bulimia riformatrice – 55 articoli – espressa da quel tentativo, centrato non solo sui rapporti fra Stato centrale e Regioni). Si dovrebbe iniziare a dar compiuta regolazione alla modifica costituzionale del 2001 senza accantonare quel “regionalismo differenziato” anche di recente riproposto dai Presidenti delle Giunte regionali di Emilia-Romagna e Veneto.
Insomma, fra le tante questioni una qui voglio considerare, prendendo le mosse dal Débat Public francese.
Quella modalità procedurale mira a coinvolgere i cittadini nel pronunciarsi, in via consultiva, su opere pubbliche specie a impatto ambientale. Si tratta di uno strumento di democrazia partecipativa.
In Italia il Ministero per le infrastrutture e la mobilità sostenibili ha avviato nel contesto del PNRR alcune procedure di Dibattito pubblico (previsto dal Codice dei contratti pubblici all’art. 22, co.2, del D.Lgs. 50/2016 e regolato da decreti attuativi compreso quello di fine 2021 volto a definire soglie e tipologie d’intervento).
Il fatto è che in Italia la cittadinanza, attraverso le associazioni esponenziali di loro interessi, viene coinvolta nel dibattito quando la programmazione di un’opera è già avvenuta, cosicché ne risulta ristretto l’ambito di intervento del procedimento.
Al di là delle pur auspicate “assemblee di cittadini”, volte a responsabilizzare la cittadinanza verso la Pubblica Amministrazione, va sottolineata l’importanza di questa tipologia di democrazia partecipativa, capace di coinvolgere persone informate e competenti, associate in enti del terzo settore o più in generale di società civile, senza obbligare il singolo cittadino a farsi necessariamente carico di una partecipazione in prima persona. E infine occorre osservare che si tratta non di contrapporre in questo modo la popolazione alla Pubblica Amministrazione, o comunque di controllarla, ma di accompagnarne l’attività
nel senso del perseguimento di un reale interesse generale.
Una specifica, diversa, modalità di coinvolgimento di settori consapevoli della popolazione italiana nell’esecuzione dei progetti finanziati dal PNRR la si trova nell’attività di LIBenter (www.libenteritalia.eu),
associazione temporanea di scopo volta alla elaborazione di linee guida di monitoraggio e valutazione almeno di alcuni dei progetti in questione, da affidare a competenti associazione di società civile e persino, contribuendo alla loro formazione, appunto a “comunità monitoranti” di cittadini volenterosi.